lunedì, dicembre 23, 2013

Solo perché è Natale.

Lo so che è tutta una questione di sesso, una questione di attrazione fisica, il fatto di avere tra le mani quello che ai tuoi occhi piace guardare. Ce l'hai fatta, si.
Sono tua, adesso, su questo letto.
Il mio cuore che si appanna al solo contatto col freddo che c'è di fuori.
Ma ho bisogno di non sentirmi sola, non si tratta di te, né di me.
Non sono sola davvero, ma non ci sono quelle braccia attorno la mia vita, non ci sono quelle labbra sulle mie, non c'è il suo corpo che freme al contatto col mio, quel tremore continuo lungo tutto il corpo.
Quell'ardente passione che non riesco a trovare più.
Ma tu non lo sai, nemmeno lui.
Perciò è un hic et nunc quasi realistico: siamo qui, ora, ci sono io e ci sei tu, entrambi con lo stesso carico poggiato ai bordi del letto.
Ho bisogno di vedere che sei attratto, di sentire le tue mani che esplorano tutto il mio corpo, con l'incedere incerto di chi si è appena perso e non sa quanto in fondo può andare. Ho bisogno di sentire le tue braccia attorno al collo, attorno alla vita, attorno alla voglia di calore. Ho bisogno delle tue labbra muoversi attorno alle mie, di quell'energia che si crea dal contatto tra le nostre anime. Ho necessità di avere il tuo corpo addosso, di avere quel peso che alleggerisce almeno in parte il peso che mi porto dentro.
Mi servono nuovi ricordi, perché quelli che ho adesso fan troppo male.
Perciò tu, perciò io.
Senza domande, senza richieste.
Solo quel po' d' illusione che serve quanto basta a superare un paio di giorni.
Solo perché è Natale.

mercoledì, dicembre 18, 2013

Posso piangere?

Dimmi perché non posso piangere per te?
Perché non è giusto, normale farlo?
Tu mi hai fatto tremare le gambe la prima volta.
Sei tu quello che ha rotto il chiavistello, come un ladro è entrato, ha rubato ciò che voleva, che desiderava, ha lasciato tutto un subbuglio ed è svanito tra le ombre.
Io ho messo a posto ma hai lasciato segni indelebili, che tornano. Piango perché cazzo ti sei preso quello che non dovevi, senza averne il permesso e senza darmi niente in cambio. 
Esattamente come sei entrato, dal nulla, così sei sparito, nel nulla. 
Fanculo i segni. Fanculo tutto. Fanculo tu.
Però piango, perché non credevo di poter arrivare a sciogliere quei lacci che tenevano imbavagliata la vera me. Una matrioska, che una volta scoperchiata ha fatto uscire la me intrappolata in canoni che in fondo non erano miei ma mi avevano assegnato.
Va a finire che ti devo anche dire grazie. Certo.
Piango perché come si fa ad annullare così una persona?
Come si fa a fare finta che non ci sia stato quel sentimento, quel trasporto?
Solo a me brillavano gli occhi?
Solo a me sudavano le mani?
Quell'attrazione era solo nella mia testa?
Piango, si.
Perché se hai dato tanto è difficile non avere proprio niente.
Il vuoto. Il silenzio.
Questo mi sono meritata?
Non hai nemmeno capito tutto quello che avevi tra le mani, non hai apprezzato quello che ti ho donato.
Per questo, credo, non dovrei piangere.
Ma lo faccio, ché non ci credo neanch'io al tuo silente addio.
Non può essere d'avanzo quel mucchio di sensazioni, che potrei giurarci, anche tu hai avuto. 
Tutto quel cercarci, anche solo con lo sguardo; tutto quel desiderio che lo sentivi anche da lontano tanto era forte, tutto quel parlare di noi senza che noi dicessimo mai nulla, tutto quel destino che si palesava dietro ogni cosa e in ogni dove, quel tutto essere noi non può essere sprecato.
Per questo piango.

venerdì, dicembre 06, 2013

Algebra.

Ho provato un metodo per cancellare quei ricordi scomodi.
Quelli che ti impegni per non volerli in testa, quelli che "ma figurati, non ci stavo pensando affatto!", che ci provi eh, ma niente, si riprongono.
Uno per volta te li fissi davanti gli occhi e li smantelli pian pianino, ogni dettaglio diviso, ridotto ai minimi termini. Un'operazione algebrica.
Una volta che sei arrivato ai numeri primi dovresti ritrovarti davanti un po' di numeri disordinati senza senso apparente. Bene.
Comincia con un dettaglio e su quello fai qualcosa: costruisci da te un ricordo attorno ad esso. Se vuoi puoi anche provare con più di uno.
Funziona. Ma al solito ci sono le eccezioni.
Alcuni ricordi son così forti che puoi farli a pezzettini, scomporli in molecole d'istanti, ridurli ai minimi termini quanto vuoi, sono più forti. Indivisibili, per quanto siano grandi, come il 59, il 181 o il 997.
Così tu, in quel momento, con quelle parole, quei gesti che avranno sempre e per sempre un unico comune denominatore con me.

giovedì, dicembre 05, 2013

Il cassetto dei sogni

Mi sono ritrovata a fare pulizia di roba vecchia, a svuotare i cassetti. Ma non solo fisicamente: ho deciso di liberare tutti i sogni nel cassetto, li ho lasciati volare via, come tanti palloncini. Me li sono guardati da qui giù finché non li ho visti sparire. Ma senza rimpianto. 
Semplicemente non ho più voglia di desiderare, non ho più voglia di aspettarmi nulla, mi prendo giorno per giorno ciò che mi va. 
Non ne posso più di attendere un qualcosa che forse non arriverà mai, perciò via. Se voglio una cosa me la prendo, senza aspettare. Tantomeno aspettarmi che succedano le cose da sole. Vorrei, vorrei... No.
Voglio. Faccio.
Mi basta questo.
Il mio cassetto dei sogni è vuoto, perché non voglio più cose effimere. Io voglio realtà.

giovedì, novembre 28, 2013

Prima o poi.

Vedo i colori sempre ben definiti, io non sono per le mezze misure. Odio l'incognita, odio essere in balia degli eventi. Quando ho qualcosa tra le mani ho sempre la tentazione di sapere come andrà a finire, in anticipo; ho solo paura di essere inopportuna e di dare troppo. Lasciarmi andare, ah! 
Lo so che sono dinamiche che poi vengon sole, ma io non riesco, è più forte di me. Mi butto solo se ho l'imbragaggio ben ancorato.
Guardo avanti per andare a passi sicuri nel presente perché sn piena di insicurezze e vado in cerca di certezze.
Non parliamo poi del rischio.
Nei rapporti con gli altri me ne sto sempre buona buona, senza mai farmi notare, perennemente in disparte. Ho una paura terribile, anzi proprio una fobia, di quello che potrebbe accadere se fossi me stessa. Nemmeno l'alcool mi destabilizza.
Mi aggrappo con le unghie e coi denti al mio rifugio sicuro che per farmi uscire ce ne vuole. Quando, poi, arriva quella particolare persona con cui decido di essere diversa, fondamentalmente e totalmente io, ecco qua che succedono i disastri. Puntualmente.
Perciò preferisco starmene qui, seduta sul mio mondo. Perché tanto "se sotto il cielo c'è qualcosa di speciale, passerà di qui. Prima o poi."

lunedì, novembre 25, 2013

Oro

Non è vero che siamo noi a pretendere. 
Non è assolutamente vero che bisogna accontentarsi.
Basta. 
Ne ho davvero abbastanza degli uomini di plastica, di quelli che prima ti vogliono finché sembra facile. Non appena cominci a chiedere considerazione fuggono a gambe levate per paura di non reggere.
Considerazione, si.
Non credo sia così difficile prendere un caffè in mezzo la gente se poi mi chiedi di andare a letto insieme.
Oppure vedere del carino in un gesto fatto per sorprenderlo. 
Non stiamo mica chiedendo la luna per un buongiorno e una buonanotte, su.
Il letto lo vogliono, i baci li vogliono, le foto provocanti pure.
Il resto? No.
Bene, io pretendo ci sia il resto. 
Via tutti gli insicuri del cavolo, via quelli che cambiano idea con la velocità di un neutrino, via quelli che fanno i sostenuti.
Se un uomo ti vuole il modo lo trova.
Gli uomini son così, quando hanno l'oro in mano non lo apprezzano e lo danno via. Hanno bisogno di maneggiare un po' di bigiotteria per rendersi conto di quello che hanno perso...

venerdì, novembre 15, 2013

Indifferenza.

s. f. [dal lat. indifferentia, der. di indiffĕrens«indifferente»].



1. In filosofia, stato tranquillo dell’animo che, di fronte a un oggetto, non prova per esso desiderio né repulsione; o che, di fronte all’esigenza di una decisione volontaria, non propende più per l’uno che per l’altro termine di un’alternativa. Nell’ascetica, è lo stato (necessario al conseguimento della vita perfetta) in cui si rinuncia a ogni scelta finché non si conosca la volontà di Dio per uniformarsi completamente ad essa. 

2. Nell’uso com., spesso con tono di biasimo, condizione e comportamento di chi, in determinata circostanza o per abitudine, non mostra interessamento, simpatia, partecipazione affettiva, turbamento e sim.: lo guardò con i., con ostentata i., con fredda,cinica i.; ascoltava con la massima ii suoi rimproverimostrare iverso i dolori e le necessità della povera gente

Non trovavo una definizione adeguata, finché non ho smesso di giustificarti. Va bene quello che c'è stato, io ero sincera e credo lo fossi anche tu. Ma il fatto è che se ci penso ancora mi perdo il resto.

Si, vabbè, i segni ovunque, più o meno palesati. Ma un po' sono anche io che sto lì a cercarli.

Si, vabbè, le coincidenze troppo esatte. Ma ovviamente il significato glielo attribuisco io, è la mia mente a creare le connessioni.

Ma intanto entrambi coi piedi ancorati non ci muoviamo di un millimetro.

Io però ho dato, mi sn scontrata più e più volte contro il muro che hai costruito lungo il percorso. Ho provato ad aggirarlo, superarlo, scavalcarlo. Niente, permane.

Perciò è facile intendere che questa tua indifferenza sia la risposta ad ogni dubbio. Non è carino, per niente. Ma non esiste un modo bello per dire un no, resta comunque un no. Ma tu neanche quello dici. Ancora peggio.

Credo che l'indifferenza sia la peggiore arma per uccidere le persone. Le corrodi il fegato, lentamente, senza nemmeno sporcarti le mani, perché fanno tutto da sole. 

Complimenti.

Hai vinto.

Metto il punto qui.

Basta. Coi segni che arrivano da tutte le parti, ci sarà il burattinaio che si starà facendo due belle risate. Oppure qualcuno ha truccato i dadi e starà muovendo le pedine come più gli piace. Fantastico.

Basta. Coi continui ricordi.

Basta. Non mi merito certo l'indifferenza.

Io non sono niente per te?  Non esisto proprio per te? Bene. E sia.

Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri.

W. Shakespeare

mercoledì, novembre 13, 2013

È che di tempo non ne abbiamo granché

È che di tempo non ne abbiamo granché.
Ne vale davvero la pena passarlo a pensare a futili cose?
Fanno parte anch'esse di quello straordinario volume enciclopedico chiamato vita, ma a confronto di tutto il contenuto non saranno che le note a pié di pagina.
So che mi aspettano grandi cose, ma non riuscirò mai a vederle se resto bloccata in sciempiaggini.
Un po' come indossare gli occhiali scuri a mezzogiorno. 
Ti perdi il bello del sole nel punto più alto, i raggi che riflettono i colori, le sfumature.
Meglio godere di tutto mentre ti incammini per la tua strada.
È che di tempo non ne abbiamo granché.
E non vorrei certo sprecarlo.
Per questo bisogna anche lasciar andare.
Se sembra impossibile può darsi che sia solo difficile, ma se provando ancora ed ancora non si ottiene nulla allora non vale la pena proseguire. Ogni cosa ha il suo tempo, lo diceva sempre mia nonna. 
Ma non ci è dato sapere quanto, meglio creare i presupposti affinché quello a disposizione sia scintillante.
È che di tempo non ne abbiamo granché.
Inutile davvero stare dietro alle parole buttate lì per caso perché sembrava la giusta cosa da dire in quel momento.
La verità è che certe cose non dovrebbero essere troppo complicate. Certe comprensioni, certe parole che per te hanno un senso non dovrebbero essere sciupate da coloro cui le doni. E non dovrebbero essere nemmeno non capite da chi le riceve. Dovrebbe essere tutto molto semplice. Se non lo è vuol dire che chi le riceve non ne capisce né il senso né il valore. Inutile insistere se non ti torna indietro almeno qualcosa.



venerdì, novembre 08, 2013

Resta.

I tuoi occhi nei miei, languidi entrambi.
Stavolta non riflettono, per questa volta sono limpidi.
E tu li vedi. Lo vedi che son verdi.
Nessuno lo sa, ma tu si.
Poi mi cerchi, nascondendoti dietro qualcun'altro.
Ma io ti vedo. 
Non puoi fuggire da me.
Eppure lo fai, di continuo.
Forse è vero.
Forse non so proprio farne a meno di metterci tutto dentro.
Forse no.
Non mi vien facile mantenermi a distanza.
Se decido che sei tu, ti dono tutto.
Pacchetto completo.
Lo faccio sempre, ecco perché poi se ne vanno. Non sono in grado di sorreggere tutto questo.
O semplicemente una volta visto tutto, che poi è una sola sintesi, non interessa l'articolo e via.
Credevo che non rientrassi nella seconda categoria. 
Pensavo che almeno in parte ti stuzzicasse l'idea di avermi tra le braccia.
Mentre invece capisco che no, non ti interessa proprio.
Indifferenza pura.
Potrei sbagliarmi, ma non riesco a vederti andar via.
Ne ho già viste parecchie di spalle ondeggiare.
Ne ho già viste di nuche ferme, perpendicolari alla strada.
Ho visto parecchi tacchi girare e gomiti muoversi lungo i fianchi.
E profumi dissolversi.
Si ma tu rimani. Voglio persone che scelgono di restare, ne ho abbastanza di quelli che se ne vanno.

Scusami.

Il fatto è che sei tu. Si, tu, esatto.
Io sono timidissima con tutti, riesco a sciogliermi davvero solo con qualcuno.
Ma di sicuro non così subito.
Tu, invece, non lo so cos'hai combinato.
Può darsi che sia stato il momento giusto, può darsi che sia stata l'assenza di qualcun'altro, può darsi che ero io ad essere particolarmente pronta.
Non lo so, quello di cui sono certa è che tu sei riuscito a fare cose che di solito non permetto a nessuno di fare. Come puoi pretendere che non mi resti dentro?
Come puoi pretendere che mi vadano bene i tuoi silenzi?
Ho sbagliato, forse ho esagerato. 
Ho probabilmente rotto qualche tuo personale equilibrio.
Però tu mi piaci, è questa la verità.
Odio ammetterlo, ma è così.
La tua immobilità non la sopportavo e non riuscivo a stare ferma ad aspettare. 
Sono fatta così: se voglio una cosa, faccio di tutto per andare a prendermela.
Volevo colpirti ed invece ho toppato, volevo rendermi speciale mentre invece mi sono resa ridicola.
Non accetti neanche più le mie scuse, ho provato in tanti modi ma da te non mi arriva nulla. 
Odio lasciare andare le occasioni, figuriamoci le persone.
Ma stavolta devo lasciare la presa, sperando che la corrente, prima o poi, ti lasci arenato sulla mia spiaggia.


sabato, ottobre 26, 2013

Alzo le mani

Sono sicura che ti capita di pensarmi, soprattutto dopo che hai ricevuto quella busta. T'immagino con un mezzo sorriso trattenuto a strette labbra, gli occhi sbarrati, le mani tremanti quando te l'hanno data. Sai che te l'ho mandata io, anche se non ho messo il mio nome, sono certa che lo immagini. 
E ti vedo mentre di nascosto nella tua camera, dentro il cassetto del comodino la prendi, al buio; la accarezzi, la porti al viso e la stringi forte contro il naso ed espiri. Ti si riempie il naso col mio profumo, ti inonda dentro; immagino che ti faccia salire almeno un brivido lungo la schiena mentre con gli occhi socchiusi fai tornare alla mente flash back di me e te insieme. Perché lo ricordi benissimo, lo so. Poi di colpo apri gli occhi come se qualcuno ti avesse svegliato all'improvviso, sorridi, ma ti affretti a metterla a posto, prima che cominci a pensarci troppo. 
Lo so che è arrivata. Ok che l'indirizzo non era troppo certo, ma lo so che arrivano comunque: il postino di paese conosce tutti i nomi, ricorda tutti. Vuoi che leggendo il tuo nome non sapeva dove portarla? Lo so che l'hai avuta tra le mani.
Mi sorprende il tuo silenzio. Non che m'aspettassi chissà cosa, non pretendevo certo la chiamata. Ma un messaggio? Nonostante siano settimane che non ci sentiamo, perseveri nel tuo mutismo.
Bene. Non posso farci niente.
Forse ti avrà infastidito, forse non l'hai presa con lo stesso spirito con cui io l'ho inviata, ma va bene, davvero.
Io non posso certo convincerti a far nulla. 
Ho fatto quel che volevo, mi sono divertita, ok, il messaggio giusto non è arrivato, forse. Ma di fronte al tuo silenzio di seguito ad un gesto così non posso proprio nulla. Alzo le mani.

giovedì, ottobre 24, 2013

Il fantasma degli amori passati

C'era una volta, ma forse lo è ancora, una dolce fanciulla che aveva l'abitudine di amare. Una ragazza tanto solare perché la luce che emanava doveva coprire anche il caos che aveva dentro, più luce riusciva a buttare fuori, più ombra riusciva a fare dentro. Andò avanti in questo modo per molto tempo, riuscendo ad attirare l'attenzione di molti. Ad un certo punto decide di lasciare il castello e di provare a visitare altri regni; e cammina, cammina incontra un principe, ma non uno qualsiasi. Il figlio del re nemico. La loro storia prosegue tra sotterfugi, stratagemmi e segreti perché il re e la regina non volevano assolutamente che la loro principessa scegliesse un principe qualunque. Quello che non capivano, e neanche la principessa vedeva, è che quel principe riusciva a ridonarle un po' di luce dentro. Dopo un po' di tempo il principe decide di mollare, stanco di tutta la situazione e scappa, tornandosene al suo regno. La principessa si ritirò nella sua torre per un po', il tempo necessario per riprendere la sua vita in mano. Poi un giorno decise di tornare di nuovo tra la sua gente, così decise di camuffarsi per poter passare inosservata. La principessa non aveva però tenuto conto del suo essere: puoi cambiare colore di capelli, vestirti in maniera diversa, ma il tuo essere non puoi modificarlo. Lo attenui un po' ma prima o poi ciò che sei veramente salta fuori comunque. Iniziò a conoscere gente nuova, frequentare posti nuovi, comportarsi in maniera diversa. Incontrando altri principi di altri regni, con cui provò ad essere diversa, solo che poi il rovescio della medaglia lo ottieni nel verso errato. Ed ecco che si ritrova a distanza di tempo a parlare ancora di quei principi che le sono passati accanto e che in fondo non sono restati. Pensando che il problema fosse lei che in fondo pretendeva troppo e che forse non aveva dato abbastanza. Finché dei menestrelli che passavano di là, non tanto per caso, le hanno aperto gli occhi. Quello che la principessa chiedeva, e chiede ancora, non è niente di più che un minimo di attenzione che non deve nemmeno essere dovuta, ma dev'essere un semplice piacere di regalare, se sei davvero interessato a lei. Niente di innaturale se vuoi che lei resti una principessa. Perciò presa questa consapevolezza la principessa tornò ad essere quella di sempre, perché sa che un principe per lei sta già cavalcando, pronto a sconfiggere ogni avversità pur di restarle accanto. Se poi il principe non arriva, beh, vuoi mettere a restartene nel tuo castello, con tutto ciò che ti serve a disposizione? 
E vissero tutti felici e contenti.

lunedì, ottobre 21, 2013

Le incerte parole

Ci ritroviamo sempre lì coi discorsi, tra amiche, non facciamo altro da giorni. Si parla di te, del fatto che per come ti comporti sembra che  non ti interessi più di tanto.
Si parla dei vorrei, si parla di viverti la vita fino in fondo e che, male che vada, vuol dire che qui di fianco non t'intetessa restarci.
Si parla di me che comunque voglio tentare, l'idea che tu possa essere al centro di ogni mio pensiero si aggira nei dintorni ed ogni tanto bussa per voler entrare. Ma la tengo sulla porta. 
Si parla di te e di me, perché basta che t'allontani un po', basta che ritorni nel tuo habitat ed ecco che svaniscono quelle parole. Parliamone dell'attrazione che entrambi sentiamo, si, parliamone del fatto che non ce la fai a non guardarmi, a non toccarmi, a non saltarmi addosso non più di mezz'ora. Parliamone, cavolo, del tuo essere jackill da lì e hyde da qui. 
Ma in fondo credo che il vero problema sia un'altro.
Già. 
'Che tu le parole le hai usate a dovere e nel migliore dei modi: guardandomi negli occhi.
Mi hai detto che sono troppo, che una come me che ci fa con uno come te. Poi hai usato la sincerità, col presente e col passato.  
E poi te ne vai.
Ogni volta ho come l'impressione che sia l'ultima, mi resta il magone finché non ti parlo, finché non ti leggo. 
Ma tu lo fai apposta. 
Svanisci, per tornare poi direttamente a qualche centimetro di distanza e... Voilà. Mi butto tra le tue braccia senza riserva alcuna.
E accapo, di nuovo. 
Loop.
Il mio cervello fuma perché non comprende.
O meglio, fa finta. Eh si.
Quelle parole suonano così bene all'orecchio che la voglia di ascoltarle cresce perché non sono abituate a sentirle.
Questo è: se non ti hanno mai detto cose importanti, se le parole usate per te sono sempre state bastoni battenti o costruite in base alle necessità, e tu ci hai sempre creduto, l'orecchio s'abitua, il cervello si standardizza ed il cuore... Beh il cuore prende quello stesso ritmo. Perciò sembra tutto normale.
E poi arrivi tu a regalarmi parole nuove, tutte per me.
Ed io anziché accettare che faccio? Dubito.
Logico.
Sono talmente abituata a sentire quelle mezze che non le riconosco quando mi capitano le belle. 
Perciò in fondo qualcosa c'è, qualcosa hai lasciato. 
Ma ho paura di aver ascoltato male.
Forse è tutto nella mia mente. O forse no.

mercoledì, settembre 25, 2013

No.

Due lettere, un suono.
Una cosa semplice semplice. 
Ma le ragioni che ti portano a pronunciarla non lo sono mica.
Ci pensi talmente tanto che a disegnarla mi viene in mente una mongolfiera, che per salire si riempie di gas sviluppato da una fiamma, e calore, e ossigeno, e anidride carbonica.
Così il no: si riempie dei non si, delle scelte, delle omissioni, del calore, di quel fuoco che s'accende al centro del petto, alimentato dalle emozioni. 
Tutto dentro due sillabe tenute insieme dalla malinconia.
Il no non è mica solo di chi lo riceve,
se lo prende pure chi lo pronucia.
Dicendo il no fai tu stesso una rinuncia, sai esattamente cosa non avrai più, con tutti gli annessi.
Lasci andare tutto, abbracci compresi.
Non più carezze, non più baci, non più. 
Lo sapevi? 
Dicendomi no hai davvero messo tutto in conto?
Non avrai più quelle sensazioni, né quelle cazzo di emozioni, no.
Non è mica semplice, ma il problema è che dire "si" vien facile, poi uno si gode tutto il resto; mentre il no è sofferto, ma te ne rendi conto solo dopo un po'. Quando inizia la mancanza. 
Quando sei solo nel letto che stringi il cuscino perché quelle braccia nn le hai intorno, quando ti ritrovi la sera seduto su un divano, senza il mio profumo a carezzarti, quando ti alzi e non scrivi il buongiorno né la sera la buonanotte prima di dormire. 
Lo sapevi questo?
Non avere più la voglia di raccontare qualcosa che ti ha fatto arrabbiare o gioire, non avere più la sorpresa di un caffè fuori orario. 
Ci avevi pensato?
Succederà di nuovo, lo so.
Ma intanto riecheggiano due sillabe.
Due soltanto.
Eppure sono due anche per "si".

giovedì, settembre 19, 2013

Il posto che tengo caldo per te

Ti cerco e sai perché?
Perché quel posto vuoto l'hai lasciato tu.
Io non riesco a riempirlo di altro.
Ci provo, eh, non fraintendermi.
Vado a tentoni come un cieco, provo a far entrare cose, persone, animi, cuori ma niente è pari a te.
Forse dovrà arrivare qualcosa a far restringere il buco, forse qualcosa che invece lo farà espandere.
Intanto quel che trovo non si incastra proprio: troppo piccolo mi sfugge, ci sta largo, non trova appigli e va via; troppo grande preme, dà fastidio e se non prova nemmeno un po' ad adattarsi, va via lo stesso. 
Perciò tu.
Non ho troppa scelta sai?
Per questo mi basta rivederti per capire che quel vuoto ha esattamente la tua forma, perché ti vedo sempre, anche da lontano, 'che non riuscirei a riconoscere nessuno, mentre tu no, con te è diverso. 
Ti riconoscerei tra mille, perché sei l'incastro perfetto.
Potrei tenermi il vuoto, senza fare troppe storie, si, potrei.
Ma vuoi mettere quando quella sagoma si riempie di te, di tutto ciò che sei?
Vuoi mettere le sensazioni, i brividi che la tua presenza mi regala?
Tanto la forma è ormai quella, finché resta così solo tu puoi restarci.
È proprio questo il posto che tengo caldo per te.
È proprio qui.
Dentro.


martedì, settembre 03, 2013

clochard


Non ci riesco proprio a dimenticare, vale per chiunque.
Ciascuna persona che ha attraversato la mia linea di vita ed in qualche modo mi ha regalato emozioni mi resta dentro. Lo faccio con tutti.
Non riesco proprio a cancellare le persone che mi hanno, ognuno a proprio modo, dato qualcosa di sé; figuriamoci quelle persone a cui l'ho preteso, rubato, trovato.
Mi fa tristezza pensare che le persone vanno via, prima o poi, una volta esaurita la propria funzione.
Per questo sono così schiva all'inizio, preferisco passare per una che se la tira perché io lo so che se ti faccio entrare poi non ne esci. Mi piace pensare di essere come una di quelle clochard alla stazione ferroviaria, che se vanno in giro con quei carrelli pieni di roba, cianfrusaglie che all'apparenza hanno poco senso, ma che loro vogliono per forza avere con sé. Eccomi, sono io. Mi porto dietro un carrello pieno di gente che non riesco proprio a lasciare andare.
Perciò quando ti dico che per te ci sarò sempre, devi credermi.
Non ricorderò il tuo compleanno, non ricorderò nessun anniversario, nessuna data.
Ma tutte le volte che mi vorrai io sarò qui ad aspettarti.
Mi ricorderò sempre che al caffè vuoi un cucchiaino di zucchero, che ti piacciono le sfilate di armani, le partite di calcio la domenica, che adori la polenta ed i dolcetti secchi la mattina a colazione. Della bottiglietta di coca-cola che hai sempre in macchina quando viaggi per poterti tenere sveglio.
Che ti piace la luce accesa quando sei a letto, perché hai avuto troppo buio fin ora, che odi chi non sa stare al suo posto, che odi vedere una donna che non regge l'alcool.
Mi ricordo che di me ti piaceva il modo in cui muovevo le mani sulla tua schiena, le mie labbra, il modo  in cui so tenerti testa.
Non li dimentico mica certi attimi vissuti con te, non posso proprio.
Perciò vai pure, tanto lo so che torni.
Ed io ci sarò.

mercoledì, agosto 28, 2013

Buon compleanno

Otto lettere, di uso comune.
Ripetute infinite volte oggi, sicuramente.
Le mie si confondono tra i tanti che ti sono arrivati, in effetti la risposta è stata fin troppo anonima.
- Auguri!
- Grazie.
Mentre a me veniva solo voglia di chiamarti e chiederti di vederci, per dirti tutto, ma proprio tutto quello che conteneva il mio personale pacco di auguri.
Buon compleanno.
Perché mi piace credere che l'hai pensato al modo per poterlo festeggiare in maniera diversa, con me ad esempio.
Perché ci basta poco per stare bene, io e te siam sufficienti.
Buon compleanno.
Per tutti i giorni che passerai felice grazie a me, non importa esser vicini fisicamente.
Per tutti quei sorrisi che sono per me, perché solo io riesco a far curvare le tue labbra in quel modo.
Per tutte quelle volte che sorriderai semplicemente, perché avrai nella testa quelle cose che abbiamo fatto insieme.
Buon compleanno.
Perché la verità è che mi rendi felice, mi basta guardare i tuoi occhi che mi ammirano ed io mi sento bellissima. Mi cambi l'espressione, il mio volto si modifica, si riempie di tutto ciò che siamo.
Perché sei tu il mio lato migliore, perché io ho bisogno di te, mi fai stare bene. 
Anzi io ti amo proprio.
Se tu ci sei io mi illumino, non posso  mica nasconderlo. Mi tremano ancora le mani, pensa te.
Buon compleanno.
Per la tua di felicità, perché si vede da lontano che vale lo stesso discorso anche con te. Non importa la distanza, non importa il tempo, non importa l'assenza. Siamo qui, ora, ed io non ti faccio scappare.

domenica, agosto 25, 2013

Tu come il sale.

In punta di piedi, ma con gli scarponi pesanti; 
sottovoce, cantando;
carezzandomi l'anima a pugni stretti.
Così mi sei entrato dentro, arrivando in punti dove nessuno mai era arrivato con tanta facilità. Fin troppo semplice per te, chissà quante hai saputo manipolare con lo stesso savoir faire.
Impensabile che in due volte soltanto tu abbia rivoluzionato tutte le mie regole, strappandomi via le mie personali costrizioni, un'auto in folle corsa che ha abbattuto tutti gli ostacoli che sono solita posizionare davanti a me. Li hai messi giù tutti, nessuno escluso.
Mi ritrovo, quindi, a cercarti, invento scuse solo per vederti, innesco conversazioni che non prendono mai fuoco, ti provoco con le armi che ho a disposizione.
Tu resti fermo, impassibile.
Niente di nuovo, niente che non conosca già. 
Tu resti lì, non mi vedi.
Io resto qui, non ti vedo.
E mi manchi, maledizione.
Com'è possibile?
Quando, esattamente, sei diventato necessità?
Dimmi, ti prego, cos'è che hai fatto qui dentro quando sei entrato? 
Hai messo in disordine le mie logiche ed ora non ricordo più dove sono le mie certezze, o meglio, non le trovo.
Pensavo di far entrare una ventata d'aria mentre invece era una tempesta. 
Mi ritrovo perciò fradicia, con l'animo sottosopra e poca, pochissima voglia di rimettere a posto le cose.
Seduta al centro del mio ego a cancellare quelle poche tracce che mi hai lasciato.
Non ti credevo così importante finché non sei sparito: come il sale che nessuno vede, ma che tutti si accorgono quando manca.


venerdì, agosto 02, 2013

Per sempre

Ma sei proprio tu?
Sotto quel casco, dietro gli occhiali a goccia, sopra un due ruote?
Certo, 32 denti a vista, il luccichio degli occhi, nonostante le lenti scure degli occhiali. Si, sei tu.
Ormai conosco a memoria i tuoi passi, li prevedo addirittura: io pronuncio la parola magica, tu la interpreti a dovere; infatti solo una notte di tempo e mi sei di fronte. 
Sono una dipendenza. 
Sei la mia dipendenza.
Poi ridi, tantissimo; sorridi, sempre di più. Quella curva la tua bocca non la prende se non con me. Come mi guardi ride ogni cellula di te, ne sei pienamente consapevole, per questo sei di nuovo qui. Né più, né meno quello che succede a me. Nessuno dei due può farne a meno, impossibile credere di smettere; possiamo allontanarci, camminare su percorsi diversi, ma comunque restiamo vicini: voli turbolenti in un cielo statico.
Quel sorriso poi, che è sempre uguale; non perché sia quello il tuo modo di ridere, no; ti ho visto come curvi le labbra con gli altri, con lei. Non è lo stesso. Quella curva è un dono solo per me, è identico alla prima volta che ci siam visti, è lo stesso da sempre. 
Sono la tua cura, il tuo xanax nei momenti tristi, sono l'antidoto alla noia, sono io il tuo sorriso migliore.
Nessun anello, nessun gioiello, nessun oggetto potrebbe essere paragonato a quello. Il tuo [mio] sorriso è il miglior "per sempre".

mercoledì, luglio 24, 2013

Una pausa lunga un anno

Chiaramente il destino sta maneggiando i fili.
Non potrebbe essere altrimenti: tu, ora, un letto ed io. 
Esattamente un anno dopo.
Senza troppe cerimonie ci siamo incontrati; sigaretta-caffè-sigaretta, solita prassi.
Poi sorridi, tanto; con lei ti ho visto sempre con la faccia rabbuiata, con me t'illumini e brillo anch'io.
Un anno fa a parlare del nostro addio, così credevamo entrambi, ci siamo spogliati dell'orgoglio e abbiamo chiarito. Poi quell'abbraccio! Una stretta indimenticabile, da pizzicotto sulla pelle per realizzare che no, non sto sognando e che si, sta succedendo davvero.
Poi più nulla, la vita continua con tutto quello che può.
Un anno come fosse un giorno, forse nemmeno un'ora. Quando ti ho visto ho creduto davvero che fosse un sogno! Chi se lo sarebbe mai immaginato che da una frasetta divertente saresti uscito tu?
Io non ricordo nemmeno quello che ti ho scritto, perché era come se le mani scrivessero sole, ho avuto la sensazione di non avere poteri verso il corso delle cose, come un foglietto perso per strada abbandonato al vento, mi sono lasciata volteggiare.
Poi tu, i tuoi occhi su di me, quel sorriso di chi sa già le risposte ancor prima ch'io faccia domande, le tue labbra perfettamente coincidenti con le mie. Non ci abbiamo messo molto ad arrivare sul letto; era normalità, eravamo noi esattamente come siamo sempre stati: energia pura. Io la candela, tu la fiamma.
Entrambi consapevoli di ciò che siamo, si vede anche da lontano e non riusciremmo nemmeno a nasconderlo tanto è forte. Lo so, lo sai.
Poi di nuovo quella stretta, maledetto.
Quelle non parole che io interpreto a dovere, quel sentimento mai spento, nemmeno affievolito. Mi togli il fiato ogni volta, ma è un dolore così dolce che non mi lascia scampo. Ho voglia di viverti finché ce n'è, finché questi nostri fili continueranno ad intrecciarsi, perché lo so che sono distanti tra loro i nodi, ma sono duri a sciogliersi. 
Ci prendiamo in giro, poi la passione, poi di nuovo le risate, poi di nuovo fuoco, una mistura di ingredienti micidiale. Non possiamo farne a meno, ci cerchiamo nonostante tutto.
Finché non ci sei non sento la necessità di te, ma non appena ti ho di fronte devo averti e lo leggo dal tuo sguardo che per te è lo stesso; non riusciremmo ad avere un rapporto normale noi, vedere e non toccare? Utopia.
Non sapremmo restare più di un minuto senza avere un minimo di contatto, nessun rapporto cordiale, diveniamo esigenza l'uno dell'altra.
Non mi sorprendo, quindi, quando un paio di giorni dopo sei di fronte la mia scrivania a farmi il solletico, a scherzare fregandotene degli altri. In quei metri quadri ci siamo solo noi, tutto il resto si annulla: parole, persone, rumori, niente ci sovrasta. 
Mi cerchi ed io mi faccio trovare.
Inutile fuggire, inutile andare lontano, io e te ci troveremo sempre.

venerdì, luglio 12, 2013

Confusione

Non capisco quale sia il vero confine che c'è tra me e te. In questo momento sembra più simile ad uno zig zag con picchi altissimi e bassissimi intervallati da qualche linea retta. Ci allontaniamo, poi di nuovo paralleli, poi vado via io, poi lo fai tu. Non capisco.
Perché tu? Cos'è che devi darmi?
Sono più che convinta che ogni persona che attraversa il percorso di ogni singola vita debba per forza avere una funzione; chiunque ti lascia qualcosa: una scia, bei ricordi, brutte sensazioni, di tutto. Ogni persona che facciamo passare sul nostro cammino lascia il segno, è impensabile che non lasci almeno un'orma.
Tu? Cos'è che devi darmi?
Poi io tutta questa distanza proprio non la capisco, perché ancora una volta?
Eppure una dovrebbe imparare dal passato no? 
Pensavo di essere immune da questo ed invece eccomi di nuovo a contare i chilometri. Per cosa poi? Sensazioni?
Posso essere così stupida, nonostante tutto quello che ho passato in precedenza?
Perché insisto tanto?
Perché ogni volta che voglio lasciarti andare tu torni a rimarcare la tua evanescente presenza?
Ho un miliardo di domande a cui tu non puoi dare risposta che a un quarto, finché te ne resti lì.
Forse dovrei semplicemente smettere di chiedermi perché e lasciare che la strada mi porti da qualche parte. Tanto ormai sono in cammino...

venerdì, giugno 28, 2013

Ancora noi, ancora lei. E poi tu.

Non mi mancherai perché tanto so che torni, presto o tardi. Ma chissà se è per me che torni, perché da quando hai conosciuto lei le cose son cambiate, senza malizia è entrata a far parte dei tuoi pensieri che un tempo dedicavi completamente a me. Ma a guardare la luna eri con me, mentre ci accarezzavamo le mie mani stringevano le tue. Poi al cinema le tue mani che dal ginocchio si muovevano sempre più su, erano mie le gambe dove poggiavi la tua mano; era mia la mano che hai preteso di tenere nella tua tutto il tempo che eravamo in macchina. Sul divano, distesi, tu ed io, sul letto ancora noi. Lei a casa. Poi mi chiami dicendomi che è lei che vuoi, quello che c'è con me è solo un bene da amico. Certamente.

sabato, giugno 15, 2013

“Lo chiamiamo longing perché il desiderio è pieno di distanze infinite" [Robert Haas]

La distanza del desiderio è relativa: possiamo essere lontanissimi dall’oggetto del nostro desiderio anche se siamo molto vicini e viceversa. 
Noi lo siamo, distanti.
Fisicamente ci sono centinaia di chilometri a separarci, ma potremmo dire lo stesso per il resto? Tu si, lo diresti eccome! Non lo ammetteresti mai, ma so che lo vedi anche tu.
E se lo cominciassi a scrivere?
Se iniziassi a stilare un elenco di tutte le coincidenze che ci sono?
Quasi a creare delle prove oggettive, potrei riempire pagine dettagliatissime comprensive di data e luogo.
Ci crederesti allora?
Mi sforzo davvero di non prestare attenzione, cerco in tutti i modi di tenere presente le tue parole, davvero. Ma quelle maledettissime coincidenze si ripresentano in continuazione, mi si puntano davanti e mi bloccano la visuale, come posso far finta di nulla?
Aggiungi poi la tua personale distanza, quella che sei tu a non voler accorciare perché ti trovi bene nel punto dove sei, non ce la fai a saltare le barricate che ti sei costruito da solo. Potrebbe anche essere che sono solo io a vedere certe cose, chissà che non sia io ad inventarle e renderle talmente vivide da sembrare reali. Tra noi c'è un abisso: siamo ancora un mistero l’uno per l’altra.
Fammi aggiungere un'altra voce all'elenco.

venerdì, maggio 17, 2013

Ennesima

Ne ho viste tante passare, alte, basse, magre, grasse, belle, brutte, more, bionde, rosse.
Più o meno intelligenti, più o meno profonde, più o meno disponibili.
Tre quarti della popolazione femminile passata davanti i tuoi occhi, chissà quante, in fondo, son poi restate.
Io sono semplicemente una delle tante, anche se credevo di essere altro, almeno un po' di quello che ho pensato io di te.
Che poi tu scriva in continuazione parole con dei rimandi alla nostra piccola esperienza non spiega granché, tu hai detto che ho equivocato. Forse hai ragione tu.
Eppure io quelle parole me le sento addosso sempre di più, ne traduco un senso che mi veste a pennello, una descrizione di qualcosa che conosco alla perfezione. Quelle parole sanno di me, hanno il retrogusto delle nostre conversazioni; davvero difficile per me fare finta che non c'entrano con la nostra piccola esperienza.
Ma tu non mi vedi, ho riposto in te la speranza di altro, non lo vedi proprio ciò che risiede al di fuori dei contorni.
Oppure sei davvero bravo, ma bravo bravo. Così tanto da attingere da questo indefinito e farne un racconto con valenze differenti; così tanto da inventare dei sentimenti così riconducibili alla realtà, così tanto da calarti molto bene nella parte. Beh se così fosse, complimenti. 
Hai talento.

mercoledì, maggio 08, 2013

chissà, forse.

"Chi non rompe mai nulla non imparerà mai a creare qualcosa di duraturo" [cit.]
Poi ci arrivi eccome al limite.
Arriva quel momento in cui decidi di saltare.
Prendi la decisione di lanciare la palla oltre la rete, sperando che dall'altro lato ci sia qualcuno pronto a prenderla o quantomeno a tenerla per sé.
Ma quando cade a terra ci resti comunque un po' male.
Te ne sei stata lì a rigirartela per benino, guardandola, cercando di capire quale fosse il punto giusto da colpire, il momento in cui avresti dovuto tirarla. Hai calcolato la forza, la gravità, l'inerzia, la traiettoria, le forze contrarie, tutto. Ed hai lanciato.
Tu non l'hai presa, non l'hai nemmeno toccata, non c'hai nemmeno provato.
Te ne sei stato fermo a guardarla cadere.
Sono convinta che se dev'essere, sarà. Che se un Dio, un destino o quant'altro hanno deciso un giorno di giocarsela ai dadi ed è uscito fuori che io e te ci saremmo incontrati, mi hanno messo di fronte migliaia di carta straccia ormai, coincidenze del cavolo a cui mi sono attaccata come una zanzara alla luce, sperando che non fosse la luce della zanzariera.
Mai mi sono preoccupata di guardare le coincidenze come stavolta, mai mi sono posta il problema di inseguire così tanto qualcuno, mai mi sono lasciata andare alle situazioni; ho pensato che la vita mi stava portando da qualche parte e visto che lo stava facendo con così tanta convinzione mi sono detta: perché no?
Ecco, appunto.
Bene io ho tentato e son caduta. Capita.

"Sarà che con te non ho chiesto il permesso, sarà che due errori di fila non fanno un successo,che ho milioni di strade, ma a te non ne porta nessuna, sarà che sei solo una perla e non una collana."

venerdì, aprile 12, 2013

a piedi pari

Com'è che avevo scritto tempo fa?
Rassegnata?
AHAHAHAHAH
A volte sono così convinta che quando le scrivo certe cose, finisco col crederci.
Non riesco a lasciare liberi i sentimenti, la mia razionalità fa sempre capolino a rimettere a posto, rassettare, pulire. Ho una massaia in me che cerca di tenere ordine nel caos.
Quindi niente di nuovo quando mi sveglio e sono ancora qui a pensarti.
Niente di troppo strano addormentarmi col pensiero di te, nonostante non ci sia davvero nulla che mi porti a credere in te. Niente. Il vuoto.
La mia ostinazione in certi casi è incredibile, non riesco proprio a capacitarmi di quanto posso essere stupida a credere in qualcosa di inesistente, o meglio che vedo soltanto io.
Ma non riesco a lasciarti uscire, nonostante ci siano tanti altri che premono per avere il tuo posto nella mia mente, mentre io non li faccio entrare. Quel posto lo tengo caldo per quando tu arriverai, perchè tanto io lo spero ancora. Ci credo che un giorno sarai tu a decidere di venire da me.
Mi ritrovo ogni volta a piedi pari di fronte la porta del tuo cuore a bussare chiedendoti di aprirmi. Non voglio entrare, se non sarai tu ad invitarmi, ma almeno apri, ho così tanto da dirti, da farti comprendere, da condividere. Voglio semplicemente mostrarti tutto ciò che vedo io, metterti davanti gli occhi la mia visione delle cose che ci legano e che tu non conosci nemmeno, credo che neppure le immagini.
Io sono pronta ad aprirti il mio cuore, io sono ancora qui. Non lasciarmi sola sul pianerottolo.

sabato, aprile 06, 2013

Non sei tu

E va bene, mi rassegno.
Sarà dura accettarlo ma lo farò.
Non perché tu mi abbia illusa, anzi tutt'altro. Tu non hai fatto proprio niente. Non hai nemmeno più risposto alle telefonate.
Sai perché è dura?
Perché in qualche modo io ho creduto che potesse essere possibile, che avrebbe potuto funzionare.
Non voglio ammettere di essermi sbagliata, non voglio ammettere di essermi confusa. Io ho creduto in quegli sguardi, ma probabilmente era tutto solo nella mia testa.
È un peccato doverti scrivere nella lista delle cose fatte e non portate a termine; è davvero un peccato che non ci sia stata nemmeno la giusta occasione per tentare. È probabile che così doveva andare. Ho un secchio pieno di coincidenze che non servono a nulla, a questo punto; io non so proprio che farmene di quelle parole scritte a distanza di tempo e spazio, di tutti quei segnali che qualcuno si è divertito ad inviarmi, a quanto pare solo a me. Oppure l'hai ricevuti anche tu ma non hai saputo interpretarli. Occorrerà differenziarli per smaltirli pochi la volta. Mi sentivo pronta ad accoglierti nella mia vita. Peccato tu sembri diretto da tutt'altra parte. Chissà ci incontreremo, forse non in questa vita.

venerdì, marzo 22, 2013

Libro aperto

Nessuno dei due, forse è davvero pronto. Ci siamo incontrati Dio solo sa per quale cavolo di motivo.
La consapevolezza che ho nei tuoi confronti mi spiazza, so che tutto quello che c'è è stato creato per due, non per me soltanto. Credo che entrambi abbiamo molto da darci ed i presupposti ci son tutti.
Ti leggo in continuazione, si, ti leggo. E' il modo più semplce per sapere di te, visto che da solo non mi dici nulla. Io voglio sapere, voglio conoscere il tuo mondo, voglio sapere che ti succede intorno. 
Quello che leggo però mi spiazza, ogni volta. Sono cose del passato quindi è impossibile che sia io che tu abbiamo avuto il modo di condividerle. Ma come è possibile utilizzare le stesse identiche parole? Gli stessi pensieri? Un sorriso idiota mi si stampa in faccia, perchè io davvero non comprendo fino a che punto tutto questo abbia senso, quando il tuo comportamento invece è totalmente in opposizione col mio.
Forse dovrei darti in pasto un po' delle mie parole, forse leggendomi anche tu riuscirai a capire che c'è dell'altro. Forse c'è un continuum che non riusciamo ancora a comprendere. Forse.
Pare che entrambi mettiamo dei freni, ma i segni ci sono tutti, non posso certo fare finta di niente. Li lascio fare, faccio in modo che non mi colpiscano più di tanto, ma si presentano comunque, nonostante li ignori.
Non è perché ti hanno fatto male una volta che scegli di non amare.
L'amore arriva sempre, di continuo ed in ogni modo; più cerchi di nasconderti più si accanisce.
Guardi in aria e fischietti facendo finta di nulla? Ti colpisce le caviglie.
Guardi in basso per evitare di incrociare sguardi? Scivoli col sedere per terra.
Guardi dritto senza girarti? Sbatti contro un palo.
L'amore ha i suoi momenti e sue sono le vie per arrivarci.
Puoi limitarti a scegliere che scarpe indossare per camminare su quei sentieri.

lunedì, febbraio 18, 2013

Quello che per me è importante

Mi dai dieci e te ne prendi indietro nove. Cerco di farmi bastare, per quale ragione inconsapevole non lo so ancora, quello che mi resta nelle mani, un po' come infilare la mano in un sacco di lenticchie e tirarne fuori che un piccolo pugnetto. Non vorrei essere ripetitiva ma ci tengo a sottolineare che quel che mi succede adesso è il totale opposto di ciò che sono sempre stata, dove trovo tutta questa pazienza non lo so, tutta questa voglia di farmi bastare quel poco che mi doni, tutto questo interpretare quelle parole così incomprensibili, quell'avvicinarmi al tuo personale vuoto per volerlo riempire con quel po' di me. Mi brillano gli occhi nel raccontare quelle tre ore infinite passate insieme, neanche ci fossimo detti poi granché, nemmeno fossero accadute queste grandi cose. Una quasi anonima serata tra persone, forse non troppo nella norma, ma nulla di rilevante a prima vista. Ma qualcos'altro c'era, lo so. C'è un fil rouge che unisce il tutto, che attraversa anche quei piccoli, apparentemente irrilevanti, dettagli perché forse è così che deve andare -qualcuno così mi ha detto-.
Tranne poi un momento di straordinaria concessione, inaspettata sorpresa. In una sola chiacchierata, mi dici quello che per me è importante. Niente complimenti, niente "come stai bene in quella foto", né "sei bella". Mi dici invece di volere un mio giudizio su una tua cosa molto personale, mi rendi partecipe di un tuo inizio. E poi esordisci con un "con te la cosa è diversa", non sono come il resto. Mai parole come queste mi hanno fatto stare tanto bene, mai risposta poteva essere tanto adeguata ai miei continui dubbi. Non importa se non sono ancora speciale, mi basta essere altra cosa dal "resto".

sabato, febbraio 16, 2013

luci e ombre

E' sempre difficile rimettersi in gioco, soprattutto quando sembra di non avere scelta e tutte le cose che hai intorno ti spingono verso una direzione e basta. Decidi di giocare, di buttarti e di uscire allo scoperto, col sole che ti vomita addosso tutta la luce e tu che sei lì con gli occhi socchiusi che cerchi di riconoscere qualcuno o qualcosa intorno. Hai il sole in faccia, ma dietro di te hai l'ombra.
L'ombra è l'area scura proiettata su una superficie da un corpo che, interponendosi tra la superficie stessa e una sorgente luminosa, impedisce il passaggio della luce. E' una sorta di rifllesso oscuro, ma non lo vedo in negativo, piuttosto se ne sta lì a ricordarti chi sei stato, un po' come un buco nero direttamente aperto sul tuo passato.
Le mie attuali sensazioni stanno lì, nel mezzo, da una parte la piena luce abbagliante, dall'altra il nero scuro dell'ombra, che mi segue a prescindere. Non è poi così diversa da me, la luce esalta i dettagli, li enfatizza; l'ombra li cancella tutti, tutto smussato, fa le forme ad un modo tutto suo, le allunga, le restringe, le allarga, le cambia in continuazione ad ogni passo. Una prospettiva molto particolare, che da il via ad una serie di interpretazioni differenti; ci sei tu, quello che sei: luce in fronte ed ombra ai piedi. Più forte è la luce e più nera sarà l'ombra.
Esiste, c'è, è reale, non puoi mica farci niente. Le cose del passato non riesco proprio a mandarle via, me le porto dietro ed ogni volta che la luce mi colpisce si allargano, si restringono, si modificano un po', ma me le porto dietro, sempre tra i piedi. E le emozioni, le mie emozioni, non la lasciano scomparire, si prendono tutta la luce, la assorbono, ma si tengono ben stretta la zona d'ombra.
Il nuovo più il vecchio insieme, fanno il mio presente.
Non ho potere in questo.
Indosserò un bel paio di occhialoni scuri per poter aprire meglio gli occhi quando tutto quel sole sarà allo zenith per colpirmi e scarpe luccicanti per camminare sulla mia ombra.

martedì, febbraio 05, 2013

Buon viaggio

Mai come stavolta mettere a nudo i sentimenti mi costa così tanto, mai come stavolta ammettere di non essere che un dettaglio ben costruito da qualcun'altro sulla faccia della terra è così doloroso, mai come stavolta riconoscere che sono un essere finito mi viene così difficile. Avere la morte davanti agli occhi, il senso di impotenza di fronte a determinate situazioni, l'essere a conoscenza dei piani di qualcuno al di sopra, prendere atto di una decisione presa da altro e non poter fare nulla per cambiare il corso delle cose, è una scena che si trovano di fronte tutti prima o poi. La differenza è che per quanto fosse annunciata da tempo, fino al punto di essere sperata come ultimo rimedio contro le sofferenze, non si è mai veramente pronti a lasciare andare qualcuno. Ed io non lo ero affatto. Ero convinta che io e te non ci eravamo ancora detti tutto, avresti dovuto ancora insegnarmi qualcosa, aspettavamo la nuova stagione per creare quello che avevi in mente per me. Mi avevi detto come e cosa fare, però mi avevi detto che mi avresti dato una mano tu. E gli utlimi giorni mi hai lasciato detto che non avresti smesso mai di parlarmi, nemmeno dopo che fisicamente non ci saresti stato più, che quelle cose me le avresti dette comunque, che basterà aprire solo un po' gli occhi e affinare l'udito, perchè la tua voce ci sarebbe stata ugualmente. Me l'hai lasciato detto, si, perchè non ho avuto il coraggio di presentarmi sul ciglio di quella porta d'ospedale; mi dispiace, ti chiedo scusa per non essere stata forte come te, tu che invece stavi soffrendo per quell'animale che avevi dentro che si stava sbranando ogni minuscola cellula viva. So che non sei arrabbiato per questo, forse sei un po' scocciato o avrai su il broncio perchè ho avuto paura come sempre per le cose importanti. Mi conosci, lo sai che la mia insicurezza è patologica e sai anche che se non sono venuta è per non farmi vedere in lacrime davanti a te, tu che mi avresti detto che non avrei dovuto piangere, che avrei dovuto essere felice per te che saresti stato bene dopo, che era quello il tuo male, che non aveva senso stare al mondo così. Non ho sentito nemmeno un lamento uscire dalla tua bocca, fino all'ultimo so che non hai chiesto mai aiuto, piuttosto ti sei preoccupato ogni giorno di tutti quelli che ti erano attorno. Sei sempre stato così, mai una volta che pensavi a te. Ci sarà un motivo per essertene andato così presto, qualcuno mi ha detto che avevi esaurito la tua funzione sulla terra e che ora starai semplicemente guardando le cose da lassù. Magra consolazione, ma non mi basta. Ho bisogno di una giustificazione per questo, ma dev'essere davvero buona. L'insegnamento che potrò trarre da tutto mi è ancora sconosciuto, forse mi sarà chiaro più avanti, ma chiunque abbia deciso che avrei dovuto imparare qualcosa in più nella mia vita poteva scegliere qualcosa di meno forte, avrebbe potuto evitare anche tutta quella sofferenza, non te la meritavi proprio. Tre anni di sofferenze, di dolori atroci, un vero martirio per insegnare qualcosa a me, ai tuoi cari o chicchessia? Beh, se li potevano risparmiare non credi? Non posso rassegnarmi a questo, va bene la morte fin troppo presto ma pure la sofferenza, quella no. Non trovo una ragione così valida per passarci sopra. Ora mi diresti di non essere sempre così testarda e di aprire il cuore e di non essere troppo pragmatica, lo so; mi diresti anche di non essere sempre così frettolosa e di non trarre conclusioni troppo presto. Forse hai ragione tu, ancora una volta. Vorrei solo non perdermi i tuoi messaggi che invierai da lì, dove sei adesso, vorrei non essere sorda quando mi parlerai, vorrei solo riconoscerti, ho paura di non essere così attenta. Ma tu parlami, non smettere mai di farlo, seppure dovessi restare sorda a quei richiami, ritenta più volte, non farmi prendere tutte queste decisioni da sola lo sai che non son capace. La verità è che una cosa me l'hai già insegnata: ho capito che non starò più ferma ad aspettare che le cose accadano da sé, mi hai dato quella spinta in più per uscire fuori dal mio microcosmo. Ma soprattutto prima di dire che sono stanca ci penserò su, tu lo eri davvero e ti sei abbandonato a ciò che ti aspettava. Fai un buon viaggio ovunque tu stia andando.

lunedì, febbraio 04, 2013

A domani

Detta così sembrerebbe una frase normalissima, la pronunciamo spesso senza riflettere. Ma stasera mi ha dato una sensazione diversa.
Mettici che sei tu, mettici che la serata era propensa, mettici che cominci ad accorgerti che ci sono anch'io, ma dirti "a domani" per me è stato strano. In quelle due parole c'è tanto, all'interno risiedono tutte le mie paure, insicurezze, patemi d'animo. Sono sempre pronta all'incostanza del tuo esserci, hai i tuoi momenti per aprirti, questo l'ho capito. Non parliamo poi dello sguardo, è ancora qui. Mi ci sono persa in quegli occhi, quando mi guarda, quando mi parla, persino quando mi scrive mi fa sentire minuscola perché non so mai in quale labirinto mi sto perdendo. Dirti "a domani" è anche di più del ti amo: tradotto sarebbe "tu, tutto intero, ti prendo e ti porto nella mia vita", vuol dire che non voglio che tu te ne vada, voglio che resti, voglio che il destino che ci spetta inizi finalmente il suo corso. Significa non avere il timore di non trovarti qualora volessi cercarti, significa vedere il mio riflesso dentro le tue pupille e capire che ce n'è per entrambi. Tu vai via, forse ti è arrivato il giusto messaggio che ho messo dentro quelle due parole, forse avrai capito e la cosa ti ha spiazzato; non saprei.
Vedremo, a domani.

domenica, gennaio 20, 2013

Non me lo so spiegare

Come fare a spiegarti tutto quello che c'è?
Come fare a farti capire che quelle labbra, stasera, le ho cercate dappertutto?
Come fare a farti comprendere che quel tuo modo di parlare l'ho voluto sentire nella bocca di un estraneo?
Come fare a pensare che tu sia solo un piccolo dettaglio nella mia vita?
Come fare a comprendere che ogni volta che mi ritrovo a leggere le tue parole cerco di estrapolare un significato particolare indirizzato solo a me?
Ti prego dimmelo tu, che io sto ancora qui a pensarci.
Non è bastato nè l'alcool nè tantomeno le avances di qualche ragazzo all'interno della disco. Niente è più forte di questo pensiero. Chissà se anche tu provi la stessa sensazione pensandomi, o anche solamente se mi pensi qualche volta.
Questa strana propensione che mi porta continuamente al limite dell'assurdo, mi vedo provare dei sentimenti che credevo perduti. E non faccio altro che chiedermi se possa essere tanto stupida da provare qualcosa di così forte per qualcuno tanto lontano e che ho visto una volta sola. Difficilmente, anzi, finora mai mi é capitato di provare questo tipo di sensazione per qualcuno a cui non importassi. Perciò un minimo di interesse dovresti avercelo. Condizionale obbligato, vista la tua immobilità. Vorrei solo che tu capissi quello che ho qui dentro.

mercoledì, gennaio 16, 2013

Teorema

Mi sento una stupida con te, ogni volta non sono in grado di dire la cosa giusta. Mi si inceppa la lingua, la bocca s'impasta, persino i pensieri si accavallano. Sei l'unica persona che riesce a farmi sentire in difficoltà, temo di non essere abbastanza tutto per te. Mi ingegno il cervello per poterti sembrare interessante, ripasso la psicologia dei gesti per cercare di captare qualche segnale in più. Sapevo che c'era qualcosa, per quello mi sono mossa verso di te; ero quasi certa che tu volessi venire, nonostante le scuse che stavi accampando sembravano forti. Non si può mancare un incontro col destino. Ed il vederci l'ha dimostrato: anche un cieco se ne sarebbe accorto, per quello che riguarda me. Il fatto che poi tu sparisca non mi importa granché, non stavolta. Io so che c'è dell'altro. Il modo come mi volgevi lo sguardo complice in macchina, quella scintilla che dai tuoi occhi è passata ai miei, per tornare indietro nei tuoi; il sorriso dolce, tenero, che mi hai regalato con la città che luccicava di fronte; lo stringere forte quei fogli scritti a mano, come a voler avere una prova tangibile di quelle sensazioni ormai non solo più tue; il rigirarti nelle mani la mia agendina più volte, come se dovesse uscire fuori chissà cosa e quell'ultimo bacio rimasto sospeso, che tu avresti voluto ricevere e che io non ti ho voluto dare. Assiomi che messi insieme formano un'ipotesi. Cosa stia succedendo in verità non so dirlo perché un'ipotesi ha bisogno di essere verificata e questa volta, la sperimentazione è nelle tue mani.

domenica, gennaio 13, 2013

Al buio.

Una cosa così, all'improvviso, da parte mia non me la sarei proprio aspettata. Con così poco preavviso poi. Sorprendente! Anno nuovo, nuovo modo d'essere? Non rientra proprio nel mio modus operandi farmi tanta strada per qualcuno che non so chi sia, che non so nemmeno se si presenterà. Io che non mi muovo se non ho una qualsiasi certezza. Mah, qualche cambiamento sta avvenendo e me sto rendendo conto. Erano anni che non mi presentavo ad un appuntamento al buio, mettici pure un duecento chilometri in mezzo, io che difficilmente ne facevo più di dieci! Cos'è che c'ho visto in quegli occhi io davvero non me lo so spiegare, ma domani spero di ritrovarcelo quello scintillio, quelle campanelle che ho sentito guardando semplicemente la tua foto. Mi sento una totale idiota in queste condizioni tanto che mi rendo conto da sola che forse anziché prendere la strada verso il mio destino mi sto avviando verso una strada chiusa o addirittura un dirupo. Ma il motore è avviato e non riesco a fermarmi. Tra poco sarò a destinazione. Spero con te. Spero con le campanelline e lo scintillio. Spero proprio sia tu ad accendere una, seppur minima, luce dentro questo buio.

sabato, gennaio 12, 2013

Teatro

Ci risiamo.
Sembra che il cosmo si stia divertendo davvero tanto, avrà di sicuro fatto un abbonamento a qualche rivista di ricamo perché le trame che sta tessendo sono davvero fantasiose.
Me lo immagino come un vecchio burattinaio che intesse vestitini molto allegorici e si diverte sogghignando facendomeli indossare e buttandomi nella scena. Ed io che me ne sto ferma, immobile davanti al pubblico con la faccia a punto interrogativo, pensando solamente: "E adesso?!".
Appunto. Che faccio?
Ti voglio, c'è un qualcosa che mi fa venire verso di te come se non avessi altra scelta. Ma tu non sei così chiaro. Non mi fai capire cos'è che vuoi esattamente ma soprattutto se mi vuoi. Lo so che non si può sempre giocare a carte scoperte, che non si conosce la fine della storia già nelle prime battute ma capire il mio ruolo nella scena sarebbe un buon aiuto.
Mettici poi che gli antagonisti, per così dire, fanno del tutto per farmi capire che invece esistono dei modi facili e semplici per far capire a qualcuno che lo vuoi... Ed il pastrocchio è fatto. Si va d'improvvisazione.

giovedì, gennaio 03, 2013

gli dei non dispensano mai l'acqua dove la terra è più assetata.

Quando vuoi troppo una cosa è difficile che tu la ottenga, in altre parole.
Mantenere una certa distanza dalle cose senza buttarsi sempre a capofitto.
Ciò che stai, in effetti facendo tu. Qualcosa di diverso dalle altre volte c'è. La consapevolezza che mi viene dalle precedenti situazioni. Ok mettere me al centro, ok mantenere una certa distanza, ok non lasciarsi coinvolgere troppo, ma il troppo pensarci porta assolutamente a risposte poco corrette. Quindi?
Aspettare poco ma non troppo?
Si, ma non come tattica. Pensare solo che se hai vissuto senza finora, puoi continuare a farlo. Pensare che una persona ti lascia qualcosa di buono in ogni caso. Si, in ogni caso. Seppure ti fa del male, capisci che quel genere di persona non fa per te. E questo è un bene. Non è ottimismo forzato. E' equilibrio. Un piede davanti all'altro, su un filo sottilissimo, con qualche sbandamento a destra e a sinistra, ma mantenersi e proseguire.
Prendere per buono qualsiasi cosa ci venga offerto. Si, vabbè.
Facile parlare così, quasi utopico. La vita è un po' più diffcile di così. E con la sete di te che mi ritrovo, credo sia difficile non chiedere da bere. Ma lo farò, aspetterò che sia tua a versarmi dell'acqua. Nel frattempo mangio una caramella.