lunedì, ottobre 27, 2014

Ipotesi num. 3

Non riesco a mollare: finché non arriva la soluzione, ipotizzo.
Non per giustificarti, ma hai fatto delle cose che in fondo mi fanno ancora sperare.
Non mi hai mai mentito,  ne ho la certezza; hai omesso ma solo perché io mica ho chiesto. Non è nella mia natura farlo però nel momento in cui l'ho fatto tu hai risposto.
Ciò che io ti chiedevo -attenzioni, telefoniche ovviamente; foto, anche dei posti dove titrovassi; le tue direzioni; persino le tue compagnie- tu lo hai mostrato senza titubanza.
Vero è che ad un certo punto hai proprio smesso di rispondere, e non hai più fatto ciò che ti chiedessi; mi è bastato un giorno così e sono fuggita,  perché tu mi spaventi, non mi sento mai alla tua altezza, perciò un minimo accenno di allontanamento lo prendo come il segnale di via alla fuga, che non sia mai che sia tu ad a lasciarmi qui da sola. Perciò prima che lo faccia tu, cammino un po' all'indietro sperando che ti venga in mente di allungare una sola mano e riportarmi verso di te.
Poi in una conversazione molto sincera hai usato, forse non troppo per caso, il "noi".
Ora non voglio dire che stai progettando un futuro insieme, assolutamente,  ma hai pensato comunque che possa esserci dell'altro. Potevi dire un milione di altre cose, mentre invece mi chiedesti cosa volessi io da noi.
Io e te insieme = noi.
Matematico. Logico. Semplice.
Presupposto per nulla da sottovalutare,  senza andare a cercare ulteriori sensi eccessivamente fantasiosi, tu hai creduto,  anche se solo per una volta,  che potrebbe esserci un noi.
Hai pensato a me e te.
Poi c'è stato un-invito-ma-non-troppo, che poi non si è tramutato in realtà,  ma almeno l'hai pensato.
Piccoli passetti, quasi in sordina che mi lasciano ipotizzare che in fondo può esserci dell'altro.
Che forse non sono una pazza visionaria nella visualizzazione del quadro generale.
L'ipotesi, quindi.
Ti stai semplicemente organizzando. E mi stai mettendo alla prova per vedere quanto effettivamente posso resistere.
Si, dev'essere qualcosa del genere.

sabato, ottobre 25, 2014

Ipotesi num. 2

È probabile che ti sia stancato, potrebbe anche essere che i miei modi ti annoino e che tu vada a cercarti altro,  mica dico di no.
Parto dal presupposto che uno come te cacchio c'entra con una come me.
Tu sei abituato ad ottenere ciò che vuoi e soprattutto quando lo vuoi.
Io sono abituata ad ottenere quasi ciò che voglio con tanto di quel sacrificio che poi finisco per non volerlo manco più.
Poi mettici anche che te l'ho detto in tutti i modi che mi sono venuti in mente e tu hai glissato ogni volta, che manco Tomba alle olimpiadi,  hai aggirato tutti i paletti e sei andato via.
Va bene la chimica,  va bene l'ironia e pure la fantasia ma evidentemente non sono sufficienti o proprio non fanno per te.
Ma sai cosa fa restare tutto questo ancora come ipotesi?
Che non lo dici.
E non sei uno che non parla chiaro.
Se fosse un no l'avresti detto, ne sono certa; il problema è che non dici nemmeno si, ecco che le mie insicurezze patologiche fanno capolino ed ecco che di nuovo punto a capo a formulare ipotesi.
Sperando che almeno stavolta portino ad una soluzione.

martedì, ottobre 21, 2014

Ipotesi num. 1

Prendere coscienza dei fattori scatenanti - fatto.
Assicurarsi che ci sia sempre risposta dall'altro lato - fatto.
Tenere presente l'obiettivo finale - uhm,  fatto.
Ricordare perfettamente le sensazioni in presenza di... - hai voglia,  fatto.
Concentrarsi sulle intuizioni.
Pronta.
Postulato: esiste una chimica che va ben oltre le regole della ragione. So perfettamente cosa c'era intorno, un campo magnetico generato dall'attrazione che entrambi proviamo. Anche perché quando si incontrano due come noi esistono solo due conclusioni: o ci si attrae, o ci si respinge; entrambe le forze sono generate dalla stessa intenzione.
Non vedevi l'ora di toccare con mano tutta quella energia, volevi provare, a te stesso per primo, che fosse vera.
Come il primo fuoco che ha visto l'uomo, ha vinto la curiosità ed hai provato. Poi hai capito che ci si scotta,  perciò ti sei tirato indietro. Ed ora soffi per far guarire la ferita,  ma sai benissimo che tornerai ad avvicinarti, ancora non hai inteso che ne avrai bisogno.
Ipotesi.
Tu hai molta esperienza a farti da guida, lo sai benissimo come gestire le cose e niente ti sfugge al controllo. Tranne me.
Ebbene si. Io ti faccio ridere, ti sorprendo,  non sono quasi mai ciò che ti aspetti. Questo ti attrae e spaventa allo stesso modo,  perciò non arrivi al dunque.
Tu sai già che si rischia di andar giù pesante, non te l'aspettavi e credi ancora che io non faccia sul serio.
Soprattutto pensi di non avere più il tempo per innamorarti per cui ti trattieni. Ma ti ho capito e non funziona così con me.
Eppure tornerai da me, me lo sento.
E già ti vedo sorridere perché lo sai anche tu.

mercoledì, ottobre 15, 2014

Consecutio temporum

Nel momento in cui ti accorgi che ti manca qualcosa, ti muovi per andarlo a cercare; raramente lo si trova,  capita più spesso che nel cercare si incorra in altro di totalmente inaspettato.
Ciò che pensavi non ti servisse,  diventa ad un certo punto necessità; tanto che ti fa credere in un certo qual modo che ti sia addirittura dovuto.
E nel momento in cui cominci a credere che ti spetti ormai di diritto,  ti fugge dalle mani.
Un uccellino caduto a terra che hai trovato per caso,  lo accudisci per un po' ma poi lo lasci andare,  una spinta con le mani e via; vola e torna a poggiarsi sulla spalla, o vola e va via.
Non ti ho tra le mani, che tu a terra non ci sei mai stato. Però mi sei diventato, non so come, necessità ed io ti ho persino preteso ad un certo punto. Ma non avevo nulla tra le mani,  solo sensazioni, sguardi, intuizioni. Che alla fine a credere di possedere quello, ti ritrovi a campare d'aria.
Di nuovo ad aprire i pugni e scoprire di non aver preso proprio nulla, i palmi vuoti. Eppure credevo di averti preso,  forse ti ho solo sfiorato allora -ecco cos'era quel tremolio sulla punta delle dita-.
Ma come la mettiamo coi tempi?
Non vedo futuro, analizzando la situazione; un presente nemmeno.
Passato?
Ok,  ma io non ti ci voglio mettere al passato. No.
Non riesco a pensarti come un ricordo,  come pretendi di essere al passato?
Eh no, non puoi.
Devi prima prenderti almeno un po' di presente prima di voler andare via.
Non si diventa passato se non si è stati, almeno un po', presente.

martedì, ottobre 07, 2014

Sinonimi

Difficile non vuol dire impossibile, che è dura non è detto che sia anche inutile. Il non dire non sempre è anche non interesse, strano non è necessariamente negativo.
Che tu sia indecifrabile non è così scontato che non possa capirti.
Non è detto.
Vero è che le cose per andare bene debbano essere semplificate, più iniziano complicate e meno possibilità hanno di andare avanti. 
A ragionarci potrei asserire con indubbia consapevolezza che fai acqua da tutte le parti.  Hai voglia a cercare sinonimi che ti si cuciono addosso come un vestito haute couture.
Ritorna tutto all'unica persona che hai voglia di sentire prima di dormire. Non importa quale sinonimo gli si accosti. Niente ha senso in confronto a quell'unica frazione di sinapsi,  la stessa che ti fa aprire gli occhi la mattina.
E poi ancora che mi chiedi perché tu...

mercoledì, ottobre 01, 2014

Tiro alla fune.

Di nuovo.
Come scrivere, poi tracciare una linea sopra a cancellare la frase, poi riscriverla. Poi di nuovo cancellarla.
Mi sto talmente abituando a vedere le persone allontanarsi dalla mia vita che mi viene il dubbio che forse abbia davvero sbagliato tutto.
Ho ancora qualche punto fermo, quelle persone che seppure intavolassi il discorso non mi starebbero nemmeno ad ascoltare, perché il problema non sussiste, mi direbbero di lagnarmi di meno e che sono io che le mando via.
Si, vero, in parte però.
Non ho mai davvero lottato per nessuno e mai mi sognerei di essere presente al punto di veicolare l'attenzione su di me.
Di solito le persone le lascio libere di fare ciò che vogliono.
Solo che stavolta ho voluto tentare.
Ho molte volte provato a mollare, ma stavolta, mi sono detta, devo lottare, devo cercare di ottenere ad ogni costo ciò che voglio.
Stavolta, pensavo, è diverso.
Ed ho voluto credere che lo fosse.
Più volte ho allentato la presa, consapevole che a volte serve a riprenderla più forte, tirare la corda stanca le mani, allentare serve a recuperare le forze affinché si possa poi ricominciare a tirare con più vigore.
Ma quante volte si può allentare?
Quand' è che è giusto lasciare andare?
Quando cominci a sentire il dolore o quando bruciano proprio le mani?
Quando hai le dita stanche o quando cominciano le ferite?
Io non so, non ho mai tenuto una corda, ho sempre lasciato che gli altri mi venissero incontro.
Credevo che stavolta ne sarebbe valsa la pena, ma stasera le mani fanno male davvero.
La corda mi sta scivolando e non ho le forze per riprenderla.
Stasera credo che lascerò che si riposino un po' e ti lascerò andare.
Sono stanca di tirarti verso di me.
Tanto è giusto che ognuno segua la propria via, inutile cercare di portarti da me se i tuoi piedi e le tue gambe sono rivolti da tutt'altra parte.
Posso solo augurarti un Buon cammino, 'che se è qui che sei diretto arriverai, prima o poi.