venerdì, maggio 30, 2014

conclusioni di una mente sconclusionata

Facciamo finta che oggi il caffè è buonissimo, che tutto è andato bene e che non c'è niente di sbagliato.
Sorvoliamo sulle persone che continuano a calpestarti, come se nulla fosse; che finché servi ti cercano in continuazione ma quando poi non è più necessario starti addosso se ne vanno, ti sciacquano come un barattolo svuotato dal ripieno e ti gettano nel secchio verde.
Evitiamo di sottolineare che io non sto davvero capendo le regole del gioco e la cosa, qui, sta diventando pesante. Va bene le gioie piccole, va bene il godersi ogni attimo come fosse l'ultimo ma si sta davvero andando fuori tema.
Stampiamoci 'sto bel sorriso in faccia e andiamo avanti, ok.
Poi però arriva la notte, il silenzio, la solitudine.
Insieme con le conclusioni di una vita ancora in sospeso.
Perché io non so ancora dov'è che voglio arrivare, dov'è che sto andando, che ruolo ho in questo gioco e nessuno si è preoccupato di venirmi almeno a spiegare le regole.
Io non capisco se sto sto affondando o se questo vuol dire essere in ammollo, se ci sono dentro o se invece non c'entro proprio niente. Pare che ogni cosa che voglia iniziare non abbia un seguito. Capisco benissimo che niente è semplice e che tutto si ottiene con la fatica, voglio metterci anche le pene da scontare delle vite passate, ma dico io, tutto ora ed a me vuoi far pagare?
Un contentino, non chiedo mica tanto.
Un biscottino, così non troppo per caso, che mi faccia capire che va bene così e che ci siam quasi.
Oppure uno schiaffo, davvero. Se non è così che deve andare allora che schiaffo sia.
Ma almeno un qualcosa, un "brava" o "no, non così", un movimento.
Non si muove foglia che Dio non voglia, ok.
Siamo d'accordo, ma quanto ancora devo reggere questo peso?
Dovrei forse cominciare ad accontentarmi e non pretendere più il meglio?
Beh, perché effettivamente un po' di buono ce n'è qui in giro, ma dovrei davvero accontentarmi.
Io so quanto valgo, so quello che mi merito.
Però sappi che non posso fare finta che mi vada bene tutto ancora per molto.
Penso di meritarla anche io un po' di felicità che sia mia soltanto, non da dividere.
Le mie riserve di altruismo si stanno esaurendo, è proprio il momento che inizi a pensare un poco a me.
Me la merito tutta la felicità.

lunedì, maggio 19, 2014

Piano B

Bisogna sempre avere pronto un piano B. Ma anche uno C, D e qualche vocale. Non si sa mai.

Difficilmente le cose vanno secondo i piani, succede di rado. In effetti mettere a tavolino tutto sarebbe impensabile, le variabili sono talmente tante che uno ne uscirebbe pazzo a cercare di capirci effettivamente qualcosa.

Io un piano ce l'avevo, eccome.

Poi un incendio, il brutto tempo, un raffreddore che non passava e tu.

Niente di questo era compreso.

Il mio piano era totalmente differente: a metà maggio avrei dovuto essere già dentro la mia nuova casetta, con tutti i sacrifici connessi, ma volevo starci e basta.

Incendio improvviso senza ragionevoli spiegazioni e via.

Il caldo che non arriva quindi i malanni sull'uscio.

Tu. 

Che davvero non ti immaginavo. Neanche con la mia tanta fantasia avrei potuto crearti così perfetto, con annesso brutto tempo e raffreddore da costringerci a stare dentro casa dei miei dove tu eri ospite ed io ospite forzata. 

Forse il piano B era questo perché in fondo sembra frutto di una mente davvero calcolatrice, degna di una strategia di risiko.

Non tutti i Mali vengono per nuocere, ok. 

Ma non è che ora stia tanto meglio, eh.

Il piano B, lasciatemelo dire è una fetecchia.

Il problema è che non l'avevo considerato; non ho pronto nemmeno il piano C o lo D.

Non ero pronta effettivamente a niente.

Più che altro non so proprio che farmene del resto, ossia uno organizza un piano per poter arrivare ad uno scopo, infatti io uno scopo ce l'avevo, l'obiettivo era molto chiaro. Ma considerando come si sono svolti i fatti, analizzando lo scaturirsi delle conseguenze e prestando attenzione all'effettivo andamento della situazione, posso asserire con estrema convinzione che il caos regna sovrano. 

Quello che è un passato prossimo ormai cozza col presente, non esiste una logica umana in tutto questo.

Destino, cosmo, fato, Dio (qualunque o molteplici), necessità ineluttabile, sinapsi temporali e quant'altro: decidetevi. Secondo me stavate intavolando una partita a poker, è caduto il mazzo ed ora, una volta raccolte, le state risistemando a cazzo.

venerdì, maggio 16, 2014

Quattrocentodiciassette

Quattrocentodiciassette.
No, dico.
Se in un metro ci metto un passo e mezzo, non andando troppo veloce.
Però metti che ho fretta forse anche uno solo. Quindi sarebbero mila passi. 
Una cifra.
Anche di corsa sarebbero tanti comunque.
Chissà che al duecentottesimo e mezzo mi ci ripensi. Se mi dovesse assalire la mia solita insicurezza ci metterei una decina di passi a tornare indietro.
Ma se decidessi di incamminarmi credo che le cose andrebbero esattamente così, passo più, passo meno.
Passerei i primi cinquanta a pensare al momento in cui ti avrei di fronte; dovrei poi depennare più della metà delle frasi che mi verrebbero in mente perché ritenute troppo idiote; la parte restante, poi, eliminarla perché troppo soap opera napoletana. Rimarrei, quindi con un pugno di lettere che lancerei in aria come coriandoli per poi raccoglierle alla rinfusa cercando di creare qualche frase di senso compiuto, manco fosse una partita a scarabeo. 
Fino al centoduesimo di sicuro penserei alle tue di parole, che non so fino a che punto riuscirei a togliermi il sorriso ebete, ci metterei un po', credo.
Che poi so già come andrebbe: te mi vai a dire proprio quella frase ch'io non mi aspettavo sentirti pronunciare perciò cadrei in quello stato semi-confusionale tipico di chi ha appena avuto una visione mistica. Se ti ci metti d'impegno ci potrebbe anche rientrare una simil-convulsione, magari.
Se ci aggiungi poi il sorriso, quello tuo, quello lì mischiato di tenerezza, è la fine.
Chettelodicoaffà.
Fino intorno ai duecento potrei decidere di attivare la modalità ottimismo, indi per cui pensare a tutte le cose belle che di me potrebbero piacerti, ma solo se butto giù un paio di negroni tutti d'un fiato. Se scegliessi di restare sobria allora potrebbe essere un pelino più delicato.
Beh, si. Perché potrei pensare che sono tanti i passi da fare, che poi a tornare indietro la fatica è doppia, che chimelofaffare. 
Sicché arriverei al duecentottesimo e mezzo.
Mettiamo il caso che decidessi di tornare indietro sarebbe una tragedia, lo so.
Qualcosa del tipo processione verso l'autoflaggellazione.
Si, perché mi sfracasserei gli zebedei pensando a quanto possa essere stupida, che meglio avere rimorsi che rimpianti, che la vita è una e va vissuta e via discorrendo tra le frasi da diario del liceo, ma continuando a tornare indietro. Più o meno.
Se invece dovesse essere una bella giornata di sole e che quei due negroni siano in circolo, beh allora i passi diverrebbero anche più veloci.
La mia mente sarebbe proiettata verso l'obiettivo e fino al quattrocentesimo forse avrei chiare nella mente le immagini idilliache di noi due assieme, a correre tra erba alta e fiori di campo, tu che mi prendi al volo e fai un paio di giri, col sottofondo di what a wonderful world. Larararà.
Non appena arrivassi al cartello che indica il confine del tuo paese, i miei passi, credo, rallenterebbero. Persino il ticchettio del tempo potrebbe diminuire. Lentamente mi comincerei a specchiare nei finestrini delle macchine, aggiustandomi i capelli, le occhiaie ed i vestiti.
Un passo si, uno no.
Un passo dai su, uno macheccazz.
Un passo machetefregavai, uno nononono.
Un passo santiddio benedettissimo.
Beh, son tanti i passi da fare, migliaia.
Quattrocentodiciassettemila.
Che potrei essere ovunque eh, mica per forza là, ecco.
Ma se scegliessi di muovermi non avrei altre mète, il mio arrivo, il mio approdo saresti tu, se dovessi partire proprio ora.
Quattrocentodiciassette, quanto è grande in fondo?
Tanto così?
Cioè fino a quanta roba ci posso mettere?
Parecchia, mi sa.
Hai voglia a riempirli, insomma.
Quattrocentodiciassette motivi li potrei trovare? Oddio, si.
Che finché non ci ho ragionato pensavo fosse davvero tanto, ma quando poi cominci a contare davvero, quando poi ti cominci a muovere, non sono mica tanti.
La distanza sta davvero solo nella testa.
Giuro che Quattrocentodiciassette, alla fine, non mi sembra più un' eresia.
Che già a pronunciarlo ci si fa la bocca subito. 
Chissà che i tuoi siano Quattrocentodiciassettemila o trecentonovantatrémila.
Semmai ti muovessi.



venerdì, maggio 09, 2014

Omissione cosmica

Dopo tutto si sarà stancato anche il cosmo. 
Tutti quei segni e coincidenze, un lavoraccio. Avrà preso una pausa. 
Speriamo sia un pisolino, che non duri molto, insomma.
Sai com'è. 
Mi ci stavo quasi abituando che dopo una conoscenza mi mandasse miliardi di segni, stupidi eh, ma sempre indizi erano.
Non stavolta. Ne avrà messi troppi in mezzo in quei giorni che saranno finiti ormai. Quante coincidenze abbiamo a disposizione per ogni persona che ci attraversa? Le mie e le sue si saranno, ora, esaurite, logicamente non può più mostrarmi nulla.
Oppure stavolta mi vuoi dimostrare che è diverso perché non ti servono questi mezzucci? Che le cose accadrebbero a prescindere anche senza avvisaglie?
Giuro manco a cercarle. Incredibile.
Le precedenti potevo persino sentire il fiatone mentre arrancava per farmi trovare qualcosa, stavolta lo sento molto rilassato, anzi non lo sento proprio. 
Immagino sia stato un duro lavoro eh, intessere una tela per ben sette anni e far incastrare le giuste cose nell'esatto momento deve esser stata una fatica. Lo credo bene. Poi un risultato ineccepibile. Professionista proprio.
Scusami ma non riesco proprio a non essere sarcastica. Mi viene naturale usare questo tono, stavolta.
Si, perché tanta fatica per?
Nemmeno un segno, né un messaggio. 
Sarà parte del piano anche questa, lo sai solo tu, ma permettimi il dubbio.
Tanto casino per nulla?
Tutto questo spiegamento di forze per quattro giorni soltanto?
Intanto tutto tace.
Come se il cosmo avesse deciso uno standby automatico, forse vuole solo riposare. Vedremo.

domenica, maggio 04, 2014

Pacco regalo

Mancava solo la coccarda rossa in testa, accompagnato da un bigliettino con su scritto: un regalino per te. Buona fortuna, il Destino.
Sono senza parole da allora. Mi sforzo in tutti i modi per non permettere alla ragione di intromettersi. Perché non c'è niente da capire: la parola impossibile aleggia dappertutto. Come quei regali che avresti tanto voluto trovare sotto l'albero, ne ricevevi di altri, per carità, ma non erano quelli che tu volessi. 
Oppure quelli in bella mostra nei negozi più costosi che tu li hai tanto sognati, ma ti era concesso guardarli  solo in vetrina.
Fatti dire una cosa, caro il mio destino del cazzo. Hai giocato in maniera pessima.
Non ci si comporta così. Mi devi una ricompensa davvero grande se supero queste altre 24 ore. 
Non ci voglio pensare, giuro.
Fischietto anche io, mi giro a guardare ai lati. Non ne voglio proprio sapere.
Se mi fermo a ragionare su anche solo una di tutte queste coincidenze del cavolo io penso di stramazzare al suolo o spogliarmi nuda ed andare in giro gridando. Perché sarebbe molto meno assurdo di tutto questo. L'incipit fa invidia al genere più fantasy che ci sia in circolazione, non oso immaginare il finale.
Piacerebbe ridere anche a me insieme a te, ma scusami se non lo trovo affatto divertente.

giovedì, maggio 01, 2014

Ansia

A prescindere da te, chiunque tu sia e qualunque cosa tu ci faccia qua, io ho l'ansia. Discorsi simili, obiettivi simili non significano un cazzo. Mi spaventa tutto ciò che rompe l'equilibrio, perché ciò che ho, so come gestirlo, l'elemento di disturbo modifica il senso delle cose. I miei feedback sono ormai questi: capisco solo ciò che conosco. 
Visto che so cosa è l'amore, ne fuggo.
Visto che so come si sta da innamorati, evito.
Dato che conosco benissimo le regole del gioco, prevedo addirittura ciò che sarà. Quindi preferisco starne fuori. 
Ma tu qua, a due passi, che ci stai a fare?
Niente, lo so. 
Tra qualche giorno tu tornerai alla tua di vita, io alla mia e tutti vissero felici e contenti.
Allora perché balbetto, tremo, palpito, piango?!
Ma santiddio benedettissimo, ma ci dovevi venire per forza tu da queste parti? Perché poi da solo? Non dovevi venire in compagnia?
Cioè, vorrei sapere se per complicare le cose ci sei venuto apposta o è davvero tutto un caso?
Che poi, io lo so che ride lui, il destino.
Lo sento che si sbellica, col dito puntato su di me. Lo sta facendo di proposito perché si annoiava e voleva farsi una risata sulle mie spalle no?
Potrei giocarmela in maniera molto leggera, lo so. Ma lui bluffa, io l'ho capito. Come controbattere?
Fingo una scala anch'io. 
Un poker.
Una mano vincente.
Non lo so. 
Lui ha fischiettato finora e ha colpito in basso, un duro colpo. 
Mi ha distratta e poi è andato giù pesante.
Bravo bel colpo, ma non mi hai ancora fatto fuori. Vuoi giocare?
Bene. Sono pronta.

Ninna nanna

Come esser supini su una barca, con le onde che danno un movimento al corpo inerme. Mi sento come se fossi ferma in un punto preciso, senza poter far nulla, a riposo. Un distacco non voluto dalla mia stessa vita. Un automa che procede in random tra le varie attività che sono solita fare. Come se il destino mi avesse abbracciato e messa in standby, cullandomi tra le sue braccia mentre mi racconta una storiella leggera con un lieto fine. Mi canta una nenia per tenermi buona perché lui sa che cosa c'è dopo. Ho la sensazione di essere esattamente dove dovrei e di non poter fare passi 'che potrei perdermi il dopo se prendessi una via diversa. Così il destino mi sta calmando, sussurrandomi una ninna nanna. Mi sta dicendo: "aspetta, sta' buona. Abbi pazienza, sta arrivando." Ed io scalpito comunque, mi dimeno perché voglio sapere, vorrei che domani fosse già oggi, perché non so più aspettare. L'ho fatto per troppo ed ora non voglio più stare ferma. Il cambiamento è ormai completato ed io non vedo l'ora di cominciare la mia rinascita. Ho idea di essere nei pressi di qualcosa di grosso, sono la principessa nella teca che si è svegliata prima che arrivasse il principe e che vuole solo sgranchire le gambe e bere un caffè. Che il principe se lo sceglie sola, ch'è meglio.
Mi lascio cullare ancora un poco, che le note che il destino sta cantando non mi dispiacciono. Ma non starò ferma a lungo. Voglio iniziare il resto della mia vita.