lunedì, febbraio 18, 2013

Quello che per me è importante

Mi dai dieci e te ne prendi indietro nove. Cerco di farmi bastare, per quale ragione inconsapevole non lo so ancora, quello che mi resta nelle mani, un po' come infilare la mano in un sacco di lenticchie e tirarne fuori che un piccolo pugnetto. Non vorrei essere ripetitiva ma ci tengo a sottolineare che quel che mi succede adesso è il totale opposto di ciò che sono sempre stata, dove trovo tutta questa pazienza non lo so, tutta questa voglia di farmi bastare quel poco che mi doni, tutto questo interpretare quelle parole così incomprensibili, quell'avvicinarmi al tuo personale vuoto per volerlo riempire con quel po' di me. Mi brillano gli occhi nel raccontare quelle tre ore infinite passate insieme, neanche ci fossimo detti poi granché, nemmeno fossero accadute queste grandi cose. Una quasi anonima serata tra persone, forse non troppo nella norma, ma nulla di rilevante a prima vista. Ma qualcos'altro c'era, lo so. C'è un fil rouge che unisce il tutto, che attraversa anche quei piccoli, apparentemente irrilevanti, dettagli perché forse è così che deve andare -qualcuno così mi ha detto-.
Tranne poi un momento di straordinaria concessione, inaspettata sorpresa. In una sola chiacchierata, mi dici quello che per me è importante. Niente complimenti, niente "come stai bene in quella foto", né "sei bella". Mi dici invece di volere un mio giudizio su una tua cosa molto personale, mi rendi partecipe di un tuo inizio. E poi esordisci con un "con te la cosa è diversa", non sono come il resto. Mai parole come queste mi hanno fatto stare tanto bene, mai risposta poteva essere tanto adeguata ai miei continui dubbi. Non importa se non sono ancora speciale, mi basta essere altra cosa dal "resto".

sabato, febbraio 16, 2013

luci e ombre

E' sempre difficile rimettersi in gioco, soprattutto quando sembra di non avere scelta e tutte le cose che hai intorno ti spingono verso una direzione e basta. Decidi di giocare, di buttarti e di uscire allo scoperto, col sole che ti vomita addosso tutta la luce e tu che sei lì con gli occhi socchiusi che cerchi di riconoscere qualcuno o qualcosa intorno. Hai il sole in faccia, ma dietro di te hai l'ombra.
L'ombra è l'area scura proiettata su una superficie da un corpo che, interponendosi tra la superficie stessa e una sorgente luminosa, impedisce il passaggio della luce. E' una sorta di rifllesso oscuro, ma non lo vedo in negativo, piuttosto se ne sta lì a ricordarti chi sei stato, un po' come un buco nero direttamente aperto sul tuo passato.
Le mie attuali sensazioni stanno lì, nel mezzo, da una parte la piena luce abbagliante, dall'altra il nero scuro dell'ombra, che mi segue a prescindere. Non è poi così diversa da me, la luce esalta i dettagli, li enfatizza; l'ombra li cancella tutti, tutto smussato, fa le forme ad un modo tutto suo, le allunga, le restringe, le allarga, le cambia in continuazione ad ogni passo. Una prospettiva molto particolare, che da il via ad una serie di interpretazioni differenti; ci sei tu, quello che sei: luce in fronte ed ombra ai piedi. Più forte è la luce e più nera sarà l'ombra.
Esiste, c'è, è reale, non puoi mica farci niente. Le cose del passato non riesco proprio a mandarle via, me le porto dietro ed ogni volta che la luce mi colpisce si allargano, si restringono, si modificano un po', ma me le porto dietro, sempre tra i piedi. E le emozioni, le mie emozioni, non la lasciano scomparire, si prendono tutta la luce, la assorbono, ma si tengono ben stretta la zona d'ombra.
Il nuovo più il vecchio insieme, fanno il mio presente.
Non ho potere in questo.
Indosserò un bel paio di occhialoni scuri per poter aprire meglio gli occhi quando tutto quel sole sarà allo zenith per colpirmi e scarpe luccicanti per camminare sulla mia ombra.

martedì, febbraio 05, 2013

Buon viaggio

Mai come stavolta mettere a nudo i sentimenti mi costa così tanto, mai come stavolta ammettere di non essere che un dettaglio ben costruito da qualcun'altro sulla faccia della terra è così doloroso, mai come stavolta riconoscere che sono un essere finito mi viene così difficile. Avere la morte davanti agli occhi, il senso di impotenza di fronte a determinate situazioni, l'essere a conoscenza dei piani di qualcuno al di sopra, prendere atto di una decisione presa da altro e non poter fare nulla per cambiare il corso delle cose, è una scena che si trovano di fronte tutti prima o poi. La differenza è che per quanto fosse annunciata da tempo, fino al punto di essere sperata come ultimo rimedio contro le sofferenze, non si è mai veramente pronti a lasciare andare qualcuno. Ed io non lo ero affatto. Ero convinta che io e te non ci eravamo ancora detti tutto, avresti dovuto ancora insegnarmi qualcosa, aspettavamo la nuova stagione per creare quello che avevi in mente per me. Mi avevi detto come e cosa fare, però mi avevi detto che mi avresti dato una mano tu. E gli utlimi giorni mi hai lasciato detto che non avresti smesso mai di parlarmi, nemmeno dopo che fisicamente non ci saresti stato più, che quelle cose me le avresti dette comunque, che basterà aprire solo un po' gli occhi e affinare l'udito, perchè la tua voce ci sarebbe stata ugualmente. Me l'hai lasciato detto, si, perchè non ho avuto il coraggio di presentarmi sul ciglio di quella porta d'ospedale; mi dispiace, ti chiedo scusa per non essere stata forte come te, tu che invece stavi soffrendo per quell'animale che avevi dentro che si stava sbranando ogni minuscola cellula viva. So che non sei arrabbiato per questo, forse sei un po' scocciato o avrai su il broncio perchè ho avuto paura come sempre per le cose importanti. Mi conosci, lo sai che la mia insicurezza è patologica e sai anche che se non sono venuta è per non farmi vedere in lacrime davanti a te, tu che mi avresti detto che non avrei dovuto piangere, che avrei dovuto essere felice per te che saresti stato bene dopo, che era quello il tuo male, che non aveva senso stare al mondo così. Non ho sentito nemmeno un lamento uscire dalla tua bocca, fino all'ultimo so che non hai chiesto mai aiuto, piuttosto ti sei preoccupato ogni giorno di tutti quelli che ti erano attorno. Sei sempre stato così, mai una volta che pensavi a te. Ci sarà un motivo per essertene andato così presto, qualcuno mi ha detto che avevi esaurito la tua funzione sulla terra e che ora starai semplicemente guardando le cose da lassù. Magra consolazione, ma non mi basta. Ho bisogno di una giustificazione per questo, ma dev'essere davvero buona. L'insegnamento che potrò trarre da tutto mi è ancora sconosciuto, forse mi sarà chiaro più avanti, ma chiunque abbia deciso che avrei dovuto imparare qualcosa in più nella mia vita poteva scegliere qualcosa di meno forte, avrebbe potuto evitare anche tutta quella sofferenza, non te la meritavi proprio. Tre anni di sofferenze, di dolori atroci, un vero martirio per insegnare qualcosa a me, ai tuoi cari o chicchessia? Beh, se li potevano risparmiare non credi? Non posso rassegnarmi a questo, va bene la morte fin troppo presto ma pure la sofferenza, quella no. Non trovo una ragione così valida per passarci sopra. Ora mi diresti di non essere sempre così testarda e di aprire il cuore e di non essere troppo pragmatica, lo so; mi diresti anche di non essere sempre così frettolosa e di non trarre conclusioni troppo presto. Forse hai ragione tu, ancora una volta. Vorrei solo non perdermi i tuoi messaggi che invierai da lì, dove sei adesso, vorrei non essere sorda quando mi parlerai, vorrei solo riconoscerti, ho paura di non essere così attenta. Ma tu parlami, non smettere mai di farlo, seppure dovessi restare sorda a quei richiami, ritenta più volte, non farmi prendere tutte queste decisioni da sola lo sai che non son capace. La verità è che una cosa me l'hai già insegnata: ho capito che non starò più ferma ad aspettare che le cose accadano da sé, mi hai dato quella spinta in più per uscire fuori dal mio microcosmo. Ma soprattutto prima di dire che sono stanca ci penserò su, tu lo eri davvero e ti sei abbandonato a ciò che ti aspettava. Fai un buon viaggio ovunque tu stia andando.

lunedì, febbraio 04, 2013

A domani

Detta così sembrerebbe una frase normalissima, la pronunciamo spesso senza riflettere. Ma stasera mi ha dato una sensazione diversa.
Mettici che sei tu, mettici che la serata era propensa, mettici che cominci ad accorgerti che ci sono anch'io, ma dirti "a domani" per me è stato strano. In quelle due parole c'è tanto, all'interno risiedono tutte le mie paure, insicurezze, patemi d'animo. Sono sempre pronta all'incostanza del tuo esserci, hai i tuoi momenti per aprirti, questo l'ho capito. Non parliamo poi dello sguardo, è ancora qui. Mi ci sono persa in quegli occhi, quando mi guarda, quando mi parla, persino quando mi scrive mi fa sentire minuscola perché non so mai in quale labirinto mi sto perdendo. Dirti "a domani" è anche di più del ti amo: tradotto sarebbe "tu, tutto intero, ti prendo e ti porto nella mia vita", vuol dire che non voglio che tu te ne vada, voglio che resti, voglio che il destino che ci spetta inizi finalmente il suo corso. Significa non avere il timore di non trovarti qualora volessi cercarti, significa vedere il mio riflesso dentro le tue pupille e capire che ce n'è per entrambi. Tu vai via, forse ti è arrivato il giusto messaggio che ho messo dentro quelle due parole, forse avrai capito e la cosa ti ha spiazzato; non saprei.
Vedremo, a domani.