martedì, dicembre 29, 2015

Effetto collaterale

Non eri previsto.
Non rientrava nei piani tutto ciò.
Io volevo solo un passatempo, un motivo in più per andare a lavoro e rendere le mie giornate meno pesanti.
Volevo una cura per le mie ferite che ancora non riescono a riemarginare e che ancora cacciano sangue.
Mi hai curato, mi hai somministrato la dose, mi hai fatto stare bene.
Ma non avevo previsto l'effetto collaterale.
Non c'era il foglietto illustrativo ad avvertirmi di cosa sarebbe potuto succedere.
Quindi eccomi qui, devastata, sconvolta, felice come non mai.
Tu mi sorprendi di continuo, mi gira la testa, lo stomaco è sempre sottosopra. 
L'effetto collaterale.
Sei diventato quasi una droga, se ti ho davanti ho bisogno di toccarti, di sfiorarti in qualche modo.
Da quando mi hai baciata la prima volta ho capito che era molto, molto di più.
Io mi sento bene anche quando non ci sei, ma con te, la parola "bene", ha un'accezione differente. Il buono ed il bello che mi dai, fanno di questo "bene" un qualcosa di più.
Non so quanto durerà tutto questo, ma non ci penso, voglio viverti finché ce n'è.


Talenti

Ho un talento enorme. Spreco le occasioni.
Sono campionessa olimpionica nel farlo.
Terza volta a casa mia e sono riuscita a farti un massaggio e tu a darmi un abbraccio. 
Cosa che la notte poi ho sognato tutt'altro, ma quest'è: tu di fianco al mio letto e io manco un bacio sono riuscita a a darti.
Ma si può sapere perché sono così?
Perché ci penso sempre dopo?
Colleziono momenti giusti sfumati, per la mia timidezza.
Me l'hai detto chiaro "fallo tu" ed io? Che ho fatto?
E lo so che ti piaccio, almeno quanto tu piaci a me.
E lo so che è sbagliato perché lavoriamo insieme.
E so anche che non dovremmo per la differenza di età.
Ma che ci posso fare se la notte ti sogno?
Se tra le tue braccia ci sto benissimo?
Se ti guardo negli occhi e mi sento bene?
Poi da deficiente non riesco a muovermi, perché poi ci penso davvero che non dovremmo. 
Non credo che riuscirò a resisterti ancora. Farò in modo che accada, con o senza destino. 

domenica, dicembre 13, 2015

E se...

E se fossi tu quello che stavo aspettando?
Si, perché ti aspettavo.
Il letto era troppo vuoto, le mie giornate poco impegnative, la mia mente troppo libera.
Ho passato giornate intere a fare spazio, pulire, rassettare, che ora quello spazio mi sembra vuoto.
Ho tentato a riempirlo ma niente che andasse davvero bene.
E poi arrivi tu, imprevisto, innocuo, quasi anonimo.
Dio, se mi piaci.
Mi dici che sono tua, ma che devi lavorarci su. Mi dici di essere geloso. Mi corteggi. Sei carino.
E se fossi tu quello che stavo aspettando?
Tante le cose che mi farebbero respingere, ma in certi Casi ne basta una sola che mi viene a favore.
E se fossero tuoi gli occhi che mi vedono bellissima?
E se fossero tue quelle braccia che mi stringono forte?
E se fosse tuo il petto su cui appoggio la mia testa?
E se fosse tuo il viso che vorrei avere sempre davanti?
E se fosse tua la voce che vorrei sentire sussurrarmi all'orecchio?
E se fossi tu, quello che stavo proprio aspettando?

giovedì, novembre 19, 2015

Il primo giorno.

Un traguardo.
Eh, sì, dopo anni di ripensamenti, decisioni sofferte e impegni necessari ho finalmente dato il via alla mia nuova vita.
Oggi è il primo giorno del resto della mia vita.
Non c'entrano uomini, non c'entrano cambiamenti radicali, di facciata è cambiato poco. Sono sempre io.
Solo che ho smesso di pensare per agli altri, da oggi penso a me. A quello che voglio davvero. Complice un nuovo lavoro, una nuova esperienza al di fuori del mio solito posto, lontano fisicamente da casa. Uno spazio tutto per me, un lavoro tutto per me, la possibilità di procedere sulle mie gambe, la vogli di cadere e sapere che non fa così male, la voglia di rialzarsi e camminare ancora. Senza fatiche eccessive o per lo meno fatiche che vengono poi ricompensate.
La voglia di volercela fare.
La voglia di andare avanti.
Proiettata verso il futuro.

domenica, novembre 08, 2015

Montagne russe

Ansia. 
Ogni volta che salgo sull'auto per andare in quei posti lì comincia l'ansia. Non capisco, ma quest'è.
Così quella sera.
La solita impressione della tavola a quadri bicolore -la immagino di solito marrone chiaro e marrone scuro-, io la solita pedina (mi sento sempre un po' un alfiere) e le solite mani che muovono.
Premessa piccolissima: la mia amica che mi parla di 'sto tizio, lo elogia, dice che è proprio lui l'uomo per me, che non trova una fidanzata e così via. Sa che io sono single, non il tipo, la mia amica, perciò mi dice che proprio io non posso mancare.
Appuntamento alle 18, io dico che forse riesco ad arrivare un po' prima, così do una mano. 
Certo.
Inconvenienti vari, mangia pedina, blocca pedina, scacco matto, si sa come vanno a finire certe cose, arrivo in ritardo di un'ora.
Come arrivo la mia amica mi dice:"ti devi muovere, su, vestiti, risistemati, ammazza quanto sei figa, dai che se ne deve andare".
Giuro, da quando ho messo i piedi a terra, appena scesa dall'auto, io non ho capito più nulla.
Lei mi tira per un braccio, gente che mi salutava a destra e a manca, lei diceva a tutti "si, si, dopo, la stanno aspettando ".
Io, dalla mia sembravo una bambinetta col sorriso stampato e la manina che faceva "ciao, ciao".
Entriamo, un gruppo di persone ci sbarra la strada, lei dice: "eccola qui!", la gente si separa a metà, creando un corridoio, io giro lo sguardo sulle persone, lui di spalle, si gira... Stop.
Momento.
Stiamo parlando di frazioni di secondo, ma fondamentali perché a me pareva di essere in un film. Mi sembrava ci fosse addirittura la musichetta di sottofondo.
O forse la canticchiavo io, tanto, non ci stavo capendo una beata mazza lo stesso.
Dicevo, lui di spalle.
Si gira e dice: "finalmente sei arrivata, ti stavo aspettando".
Stop.
Momento.
Non si fa, è stato scorretto, una mossa cattivissima da parte vostra, lassù che giocate. Siete pessimi.
Riprendiamo.
Mi si bloccano le gambe, diventano piombo, la pancia sottosopra, come quando fai la discesa delle montagne russe, giuro di aver visto le stelline tutt'intorno, la mia amica mi tira verso di lui, ci diamo la mano, io mi avvicino e lo bacio sulle guance.
Ora, chi mi conosce lo sa, io divento stupida di fronte a qualcuno che mi piace, timida all'inverosimile, ma in quel momento continuo a sottolineare che non capivo proprio niente.
Tant'è che la mia amica mi esorta a chiedergli qualcosa, "dai dove sono tutte quelle cose che dovevi dirgli? Su, non farmi fare brutta figura." 
Io sorrido, piego la testa di lato:"io... Io... Ehm... Non ricordo."
Stump.
Il suono della mia dignità che ha chiuso il portone, andandosene.
Una scena da film, lui bello che non ti dico, una entrée da video, sembrava fosse un incipit dei più belli ed io? "Non ricordo." Ma come si fa?
Poteva essere la fantastica storia d'amore ed io sono sembrata la più ebete tra le teenagers? 
Quella che sulle montagne russe, vomita.
Poi lui mi chiede qualcosa, io rispondo, ma era forse l'atmosfera, forse il camino acceso, forse la confusione della gente intorno, forse le stelline, le montagne russe, ma io ero ancora intontita. Continuavo a non capirci nulla.
Lui poi se n'è andato, quindi parliamo di un quarto d'ora di stordimento, ma quando ho ripreso coscienza ho solo pensato:"stupida! Stupida! Stupida!" 
E li sentivo ridere a crepapelle lì su, sbellicarsi proprio.
Ma io non lo trovo affatto divertente, aver perso di nuovo un'altra occasione.
Risalgo, ho ancora altri biglietti.
Altro giro, altra corsa?

giovedì, luglio 16, 2015

Surrogato

Il problema di quando ci si sente soli è che ci si accontenta, si farebbe di tutto pur di non avere silenzio. 
Pur di avere un minimo di distrazione mi sta bene tutto, chiunque sia in grado di donarmi quel poco di attenzione lo lascio fare, una mercenaria di attenzione, ecco cosa sono.
Quando scende il buio ed i pensieri gridano vorrei spaccare la testa a metà e lasciare ai pensieri un'ora d'aria, squarciare il petto al centro e con un bisturi tagliare via le lacerazioni al cuore che ancora fanno male, tirare un forte pugno allo stomaco che non smette di essere pesante e strappare via gli occhi che si riempiono solo di lacrime.
Ho paura.
Paura di soffrire di nuovo così tanto per qualcuno ed il terrore di innamorarmi ancora. Un limbo, incatenata nella terra di mezzo, quasi fosse davvero il mio contrappasso.
Per questo mi attacco come una sanguisuga a chiunque mi offra un minimo di illusione.
Un surrogato di amore, quel che basta a superare la notte.
Un vampiro che vaga in cerca di nutrimento per riuscire a sopravvivere.
Sperando che la notte passi presto come le altre, assaporando qua e là l'idea che qualcuno stia davvero lì per me, fingendo che quel qualcuno sia davvero mio, anche se solo per poche ore, fino all'alba.

venerdì, maggio 29, 2015

Le equazioni del caso

Numeri ed incognite, questo è per la matematica un'equazione.
Persone ed incognite, per il caso.
E tu sei l'equazione per intero.
Si diverte (il caso) a porti di fianco delle incognite, così ti ritrovi a dover risolvere la x, talvolta la y, e non sempre ne vieni a capo.
L'euforia iniziale di avere una cosa nuova, l'incognita appunto, lascia poi lo spazio alla nostalgia di averla risolta, che quasi ti dispiace averla compresa, forse ti piaceva di più prima.
Poi ancora un'altra equazione, un'altra incognita da risolvere, un'altra emozione e poi di nuovo la quiete.
Il problema è in effetti il silenzio, la quiete, il poi.
Perché nel frastuono di connessioni, pensieri, ragionamenti, ipotesi, ci sto bene. Mi piace l'incastro delle cose, mi piace svelare il piano che il caso mi ha messo dinanzi, lo scoprire la natura dell'incognita, conoscerla. Ma poi vorrei non risolverla. Il silenzio che viene dopo, non lo sopporto.
Lui, il caso, te ne fa risolvere anche più insieme, quindi hai la testa che si riempie di tutte quelle formule di cui sei a conoscenza, anzi può capitare di doverne improvvisare una nuova, e la cosa mi piace ancora di più, poi arrivi a risolverla, e lui che fa? Il caso, dico.
Silenzio.
Avevo addirittura pensato che stesse preparando il colpo di grazia, giuro. Credevo, anche con una certa ansia, che stesse preparando una di quelle incognite impossibili, come se mi avesse dato i compiti a casa in attesa dell'interrogazione alla lavagna.
Invece no, invece il silenzio.
Questo è il vero problema.
Di tutte le equazioni del caso.
La soluzione.
Il restare ferma con un foglio bianco davanti con nessuno che ti dice cos'è che devi scrivere. Un bianco che è troppo bianco e che tu non vedi l'ora di sporcarlo, fa male agli occhi.
L'attesa, il non sapere se hai già completato tutte le equazioni, che lo sai che non si finisce mai, ma la certezza che ci sia altro è la vera euforia, non la soluzione. 
Il silenzio, la vera condanna.

mercoledì, maggio 27, 2015

Anagramma perfetto.

Caos-caso.
Un piano mal riuscito.
Una questione di aspettative. 
Piano A andato a puttane, il piano B si è ritirato. Ma ero troppo convinta e quando mi punto un obiettivo non c'è scusa che tenga.
Uno a caso, ma non troppo.
Bel sorriso, bella luce negli occhi. Si, vai bene tu.
Convenevoli, stiamo tutti bene, il tempo non è granché, entrambi abbiamo le nostre vite, nessuno dei due che vuole entrare in quella dell'altro.
Non ti aspettare del sesso, ma il caffè c'è n'è. Vada per il caffè.
Imbarazzo iniziale da parte di entrambi ma è chiaro che quello che ci troviamo di fronte non ci dispiace.
Ce ne sono voluti quattro di caffè per smuoverci dalle singole posizioni.
La mano batte sul cuscino del divano, era lì che volevi mi sedessi. Io ti vengo vicino, il tuo braccio fa il giro del collo e mi spingi verso la tua bocca.
L'imbarazzo è persistente.
Poi il letto, ci svestiamo. 
No, non ci dispiace quello che vediamo.
Ma non s'era detto che non dovevamo...?
Ok, dammi un minuto.
Ma poi mi tocchi, mi sali sopra.
Ok, dammi un minuto.
Ma poi mi baci, no non mi resisti.
Ok, un minuto, ho detto.
"Lasciati andare".
Si, ti pare facile?
"Se non vuoi, non fa niente."
Se non vuoi? Non posso. Non sono così.
Non sono fatta così, devi credermi quando ti dico che è la prima volta.
Come cavolo glielo spiego il caos?
Non è che non voglio, figurati.
La tua mano sulla spalla, poi sale sul viso, mi baci, un bacio tenerissimo, poi mi metti con le spalle sul letto ed io...
Mi lascio andare.
Impacciato, è il termine che gli si addice al momento.
Ti rivesti, ti accompagno alla porta. 
Ehm, io non so come si faccia in certi casi..
Caos.
Un bacio, timido.
Arrivederci.
La seconda è stata meglio.
Tu di fronte la mia porta, il giorno dopo, che mi dici "come si fa in certi casi?"; intanto entra, poi lo decidiamo.
Seduti sul divano scomodo, io seduta di fianco. Caffè.
Poi le mani, mi inviti porgendomi le mani, sorridendo, ecco quella luce lì.
Io ti sorrido, poggiando le mie sulle tue e tu che mi tiri verso di te, poi il bacio. Coreografia perfetta.
Poi ti invito ad alzarci, tenendoti la mano.
Ti guido verso la stanza, ma sul corridoio ti fermi di botto, tirandomi verso di te.
Un braccio attorno al collo, l'altro sulla pancia, le labbra sul collo.
Caos.
Guarda tu il caso che ti combina.
Passione, questo è il termine adeguato.
Poi il letto, subito, senza resistenza alcuna. Come se entrambi conoscessimo già i passi.
Poi il gioco, dopo.
Faccio l'offesa, mi giro di spalle.
Inaspettato, questo è il termine, stavolta.
Si, perché la tua mano che da sopra il lenzuolo disegna la linea del fianco dalla spalla alla coscia... Che vuol dire?
Come se volessi avere la prova che c'ero, che fossi reale.
Poi ti stringi a me.
Nemmeno questo mi aspettavo.
E mi baci il collo, il viso, la bocca. 
Sei tenero. Eh, perché lo sei?
Poi la passione, la consumiamo fino alla fine. Poi mi fai appoggiare sul tuo petto.
No, no, perché?
Ok, come te lo spiego il caos?
Lo faccio, poi gioco con la tua pelle.
Tu ridi, lo hai fatto tutto il tempo.
Hai tenuto quella luce, l'ho vista di continuo. Ci siamo guardati, sempre. In ogni gesto, ti guardavo e tu guardavi me.
Non mi hai tolto gli occhi di dosso nemmeno un istante.
Caos.
Caso.
Come te lo spiego?
Come me lo spieghi?

Programma

È sempre utile avere un programma ben dettagliato, è necessario averne uno, sempre. Perché tanto stai sicuro che non riesce. 
Finisce sempre così, ti organizzi per bene, nel dettaglio, prevedi persino alcune cose, te le immagini talmente tanto che ti ci fai pure la bocca.
Poi ci pensa la vita, il destino, chiamalo come vuoi, io lo chiamo Caos.
In una sera qualunque, in un posto comune, da sola.
Si, perché avevo in mente altro per me.
Avevo messo il vestito, i tacchi ed il completino per lui, che alla fine non è riuscito a venire. 
Ma avevo la riserva.
Pensavo che quelle persone che mi trascinavo da un po' dovessero passare al livello successivo. Perciò il piano B.
Che manco lui ha funzionato, alla fine ha avuto paura.
Ed io che fin qui c'ero venuta anche per loro mi ritrovo a fare i conti con me stessa e decidere cosa farne delle mie aspettative. 
Telefono pronto. Io stasera a casa da sola, no. 
Che poi noi non siamo proprio le migliori amiche di noi stesse, certe idee potrebbero essere deleterie.
Eccolo, lui è carino, speriamo mi scriva.
Oh, guarda, mi ha scritto.
Alla fine "beh, se ti aspetti del sesso puoi stare a casa, ma se volessi del caffè, quello ce l'ho".
Ecco, uno sconosciuto, a casa.
Per la prima volta in trent'anni.
Non era proprio previsto questo piano C.
Tutto quello che è successo poi nemmeno lo avrei immaginato.
Semplicemente perché questo piano C non solo non lo avevo pensato, non ero pronta e non avevo neanche gli strumenti.
La verità è che tante volte una passa le ore a farsi dei progetti, talmente accurati da prevedere gli imprevisti, ma alla fine ci si mette di nuovo la vita a decidere per te e quando la lasci fare ti regala sempre belle sorprese.

mercoledì, maggio 13, 2015

Dare un nome.

Dare un nome alle emozioni, ho letto da qualche parte, aiuta a gestirle, incanalarle nella giusta direzione e superarle.
Io ho appena brindato a me, alla nuova me, perché così non se ne esce.
Sono ancora piena di inespressi pensieri, parole sommesse, emozioni soffocate e lacrime taciute.
Un pensiero la volta, piano non spingete.
Solitudine, stanca.
Sono stanca di essere sempre sola a dover affrontare sempre tutto da sola. Certo che non vado cercando l'aiuto, me la cavo da sola, ma sapere che c'è qualcuno pronto a tenermi la mano mi farebbe stare meglio. Tutti, sottolineo tutti, hanno sempre come punto principale il proprio tornaconto, perché io non riesco a fare lo stesso?
Sono stanca di andare a dormire in un letto singolo e trovarlo freddo.
Ho provato con qualche messaggio distratto a sconosciuti più o meno piacevoli, ma non ha funzionato.
Ho dovuto riempire il solito bicchiere col whisky.
Per oggi basta questo.
Di nuovo sola, nel mio letto singolo e nessuno a cui dare la buonanotte.

venerdì, aprile 24, 2015

Comodato d'uso.

"Mio" non è possibile accostarlo ad una persona. Piuttosto sarebbe da dire che le persone che scegliamo di avere accanto le abbiamo in comodato d'uso.
Possiamo godere della loro presenza, finché uno dei due -o chi per loro- non decida di interrompere il contratto non scritto; non ci è permesso di avere il diritto di proprietà su quella persona.
È un fondamento essenziale del rapporto questo; ti cambia la prospettiva, ti modifica la maniera in cui vivi la persona.
Sai che non hai diritti, al massimo qualche dovere; sei consapevole che ti è data la possibilità di goderti tutti gli istanti che decide di regalarti, ma non puoi imporgli di esserti affianco.
Possiamo decidere quando è il momento di approfittare di questo grande regalo che è averlo affianco, ma non sai per quanto tempo effettivamente potrai usufruirne. 
Lo svantaggio è che l'investimento emozionale è ben più alto, perché sì, puoi lasciare andare chiunque, ma ciò che ti resta dentro è un bel malloppo di cose da sistemare, selezionare e mettere da parte.
Effettivamente sulle persone esercitiamo una sorta di comodato d'uso, perché ci si sfrutta a vicenda, ci si mescola, ci si separa e poi di nuovo ad libitum, finché poi succede che questo unire si fermi, succede che tutto questo mischiare nel momento in cui ci si ferma si cominci a separare e perciò si torna ad essere persone distinte. 
Sarebbe meglio limitarsi al semplice stare affianco, ma come si fa a dire al cuore di smetterla di intromettersi?
Perciò una volta terminato il contratto che si fa? Cosa puoi dare indietro?
Come si possono radunare i sentimenti?



lunedì, aprile 06, 2015

Andrà tutto bene.

Quando sai che di fronte hai un avversario degno del suo nome, quando la situazione che ti si propina è difficoltosa, quando non sei al massimo delle forze ma le usi come se invece le avessi d'avanzo, quando sei in ansia per qualcosa perché non sai effettivamente come andrà a finire, questi attimi qui, non sai cosa farti venire in mente per superarli. Ci metti anima e corpo a prescindere, dai tutto per l'incognita, perché in fondo lo sai che andrà tutto bene. Te lo senti dentro.
Andrà tutto bene.
Hai bisogno di crederlo perché non basta superare un giorno per gioire, lo sai che il traguardo è solo un punto, in realtà non hai nemmeno cominciato ad iniziare, superare una battaglia non ti fa vincere una guerra. 
Andrà tutto bene.
Perché tu ce l'hai fatta a passare il peggio, va bene, ma mica è finita.
Lo scalino più alto l'hai salito, ma la scala è ancora lunga. Mi viene il fiatone a pensarci, ma se ho superato il difficile non può essere tanto male il resto.
Poi ci penso e vedo che in fondo alla scala non c'è nessuno a voler condividere la mia vittoria. Nessuno a dirmi: "brava. Ce l'hai fatta."
Intorno ho dei buoni amici, che mi aiutano nella salita, ma continuo a pensare di non voler salire tutti questi scalini per la mia gloria personale, io so che ce la faccio, quindi perché continuare se non c'è nessuno ad attendermi, manco a metà?
Soddisfazione personale, ok.
Ma tu dove sei?
Tu, uomo che ti congratuli con me per il ben fatto, perché ti piace vedermi arrivare?
Io vorrei muovermi verso di te, ma ancora non ti vedo, sei lontano, perché non mi vieni incontro?
Andrà tutto bene.
Io lo so.
E tu?

martedì, marzo 10, 2015

Lieto presente

Oramai la maggior parte di noi è consapevole che il lieto fine non esiste. Nessuna favola moderna mi convincerà che lì fuori, da qualche parte, ci sia l'uomo perfetto che stia aspettando solo me per essere felice, con un mazzo di fiori ed una frase spettacolare, al tramonto con bellavista alle spalle. 
L'uomo perfetto esiste, questo si, ma di sicuro lo conosci nel momento sbagliato: il giorno prima di partire per un viaggio, ad esempio, o appena decidi una cosa importante per te, uomo escluso. 
Oppure qualcuna è stata più furba e ti ha preceduta. Mettiamo anche il destino che si diverte, certi intrecci da paura, che farci una fiction sarebbe quasi sminuire il suo operato. 
Poi, voglio dire, non chiedo nulla: non mi piacciono gli anelli, il romanticismo a piccole dosi, non chiedo dichiarazioni eclatanti, nessun mazzo di fiori. E nonostante tolga gran parte dell'impiccio mi ritrovo ancora qui di nulla.
Nuvole che si dileguano alla vista del sole. Nessun bel finale all'orizzonte. A parte che il per sempre ho smesso  -o forse mai iniziato- di crederci da tempo e mi incute persino una certa ansia, già avere a che fare con me stessa per sempre è un atto di puro coraggio, credetemi, figurarsi a dare una tale dedizione a qualcun'altro. 
Perciò tutto ciò a cui aspiro è un lieto presente, un buongiorno ed una buonanotte, un pensiero nel termine esatto, che non ho bisogno di regali; un fiore colto per strada, un caffè a sorpresa. Chiedo troppo?

sabato, marzo 07, 2015

Parlagli di me

Distanti, forse non solo nello spazio.
La paura di essere di troppo 
Non fa scrivere.
Pro il silenzio, ma la mente lo sa
Quanto dista la felicità.
Mille e uno, pensieri mischiati,
Filtrati, raffinati, ridotti in polvere
Dalla ragione, maledetta,
Sempre pronta ad intromettersi.
Perciò mi rivolgo al destino
Che se ci sei batti un colpo.
Vorrei essere nei suoi, di pensieri,
Parlagli di me.
Al lavoro, mentre guida, 
Quando gira il caffè.
Il mio nome pronunciato per caso
Dalla commessa del supermercato 
dove fa spesa.
Il verde lucido del foulard,
Una canzone per caso passata alla radio.
Un cartellone pubblicitario.
Parlagli di me.
Ricordagli la luna, il mare, il vino.
Un dettaglio di un'immagine 
Simile a me.
Una scarpa in vetrina, 
La domanda di una bambina.
Parlagli di me.
Ch'io non posso, tu fallo per me.
Cosicché non possa passare nemmeno un giorno
Senza che lui non abbia avuto un solo,
Piccolo,
Seppure un lampo,
Ma pur sempre pensiero.
Un sorriso dei suoi,
Di quello a treqquarti,
Per me.
E tu fallo,
Destino,
Parlagli di me.

martedì, febbraio 24, 2015

Momenti.

Le cose accadono sempre per un motivo. Sempre.
Solo che i momenti non sono sempre coordinati, almeno in apparenza perché tanti insegnamenti arrivano dopo, non ti accorgi sempre quando il momento è esatto. Con te c'è sempre stata una sorta di coerenza, in effetti. Il momento era sempre sbagliato. Mai una volta che avessi, io, azzeccato parole, messaggi, risposte. Così ogni volta una fatica enorme per ottenere anche solo un ciao.
Poi ti fermi a riflettere, quando qualcuno fa del tutto per entrare nel tua vita. S'inventa milioni di scuse pur di scriverti. Tutto ciò che rispondi è giusto, sei perfetta. Ma mi annoia, perché è semplice. Tu non lo sei.
Le ultime cose pronunciate, me le stavo rileggendo ed è molto forte quello che ci siamo detti. Io pure ho detto cose che a mente fredda ho pensato che sono proprio una stupida. Ma si può pregare tanto un uomo per fartelo stare accanto? A tutti i costi? Per avere cosa? Nn ci siamo proprio. No. Non è il nostro momento questo. Gli ho detto cose molto pesanti che lui capisce alla perfezione. E comunque non è qui. E comunque non mi ha cercata. No. Ti do tutta me in mano, mi annullo per compiacerti, tu? Nulla? No. Davvero credo che non sia più tempo per noi due. Credo che ci siamo esauriti a vicenda. Ora non potrei dargli nulla senza pretendere che mi torni indietro qualcosa. Non sono più disposta a fare passi verso di lui, sono insabbiata fino al collo. Non voglio muovermi perché so che sarebbe peggio per me, potrei addirittura morirne nell'attesa. Si perché sono ad un passo dall'esserne follemente innamorata. È lui non apprezzerebbe comunque. Ora non sono in grado di offrirgli ciò che forse lui si aspetta da me. Stavolta credo che sia definitiva, lo dico davvero. Sa dove sono, sa come arrivare a me. Gli basterebbero  un paio di paroline sparse ed io cadrei ai suoi piedi. E non lo fa. Arrivederci Holmes. Forse nella prossima vita, chissà.

giovedì, febbraio 05, 2015

Treni e fermate

Di treni che passano ce ne sono a migliaia, inutile stare lì a filosofeggiare sul salire su quel fatidico treno che porta alla felicità.
Punto primo: se il treno in questione è un vero treno che si rispetti, fate con calma che di sicuro avrà almeno un venti minuti di ritardo.
E una campanella, che comincia a suonare da quando il treno è alla stazione precedente.
Sta' tranquillo che te ne accorgi quando sta per arrivare.
Poi, mai visto un treno che non torni indietro. Pure per rottamarsi, ma torna. A meno che non ha un incidente, si scassa, e allora Deo gratias.
Poi ci sono treni che pare si divertano a passarti davanti, più e più volte; o perché pieno o perché tu non vuoi proprio prenderli. Forse non ti va di seguire quel binario, cacchio ne so.
E se ad una persona, mettiamo il caso, piacesse stare in stazione? Vuoi per la compagnia, vuoi perché ci trova gusto nel vedere gli altri partire, per vederli poi tornare, perché tutti tornano? Io lo faccio spesso, vedere le partenze altrui; mi piace che ognuno possa scegliere da solo se rimanere. Solo che poi quando arriva il treno sono in pochi quelli che decidono di restare, come se libertà fosse sinonimo di fuga, come se andare aiutasse a salvarsi da se stessi.
Poi ci sono i pendolari, quei treni che arrivano sempre, una certezza se sai dove vuoi andare. Sono tanti e pieni di gente perché sono di quelli facili, che non ti preoccupi di perderli perché tanto ce ne sarà un altro di lì a poco. Sempre uguale, stesso tragitto. Sai dove ti porta, conosci a memoria tutte le stazioni, anzi le prevedi. Hai il tuo sedile preferito, la vista che prediligi. Sai già tutto.
E poi ci sono io.
Che i treni mi sono sempre piaciuti, talmente tanto che adoro vederli passare. Sempre con quei secondi di ritardo perché mi piace rincorrerli e salirci in corsa. Quell'attimo di incertezza, un momento prima di salire, che non sai mai se prenderlo o perderlo, quale delle due sia la cosa migliore.

lunedì, gennaio 26, 2015

Amore, singolare.

L'amore è valido una volta.
Non dura per sempre.
Tutto ciò che provi dopo sono sintesi di ciò che è già stato.
Quando c'erano le rose ed i cioccolatini, le frasi coi baci perugina, la buonanotte all'alba ed il buongiorno subito dopo; telefonate lunghissime -dai, attacca tu- ed il messaggio due secondi dopo.
Ah, le canzoni. Stralci di parole piene di sentimento, quasi un aiuto per esprimere al meglio ciò che il cuore comandava.
L'abuso del "ti amo" in ogni dove e a conclusione di tutto.
Il tanto dolce che porta il dopo a voler solo l'amaro.
Infatti, ora, il caffè lo bevo amaro.
Perché dopo niente sarà più così.
Inutile aspettarsi di avere di nuovo quel genere di dedizione al sentimento, neanche la propensione al "ti amo", non più.
C'è del bello anche dopo, forse anche di più.
Ma l'amore, quello degli occhi, della bocca, della pelle e del pensiero è singolare, uno soltanto.
Tutto incluso.
Il dopo ha in sé la diffidenza, la paura, la poca fiducia e non volersi lasciare andare all'altro.
La dedizione del primo non ci sarà più.
Non amerai mai con la stessa forza, il dopo è sempre meno.
Quel "ti amo" sottovoce, di un'intensità grandiosa, diverrà più leggero a dirlo.
Triste rendersi conto di avere solo dei surrogati di amore, non sentirò più quelle parole, che erano per me, mie soltanto. Ora fanno polvere nei vecchi diari, tra foto di sorrisi e lacrime.
Ma non ci possiamo fare nulla.
L'amore è singolare, a senso unico verso il passato.