venerdì, febbraio 28, 2014

Prontuario dell'acchiappa ex-fantasmi.

Come fare a credere ancora alle parole?
Chiariamo: il vocabolario della lingua italiana è uno, i significati sono molteplici e il senso lo attribuisce il contesto.
Fin qui tutto normale.
"Mi manchi" o "mi sei mancata": di solito si usa in quei momenti quando non vedi una persona da tanto e vorresti sentire la sua presenza fisica. Non quando sparisci e poi pretendi che lei sia rimasta lì aspettando che tu tornassi, no.
Soprattutto no telefono, no messaggi, no. Ci vuole presenza.
"Vorrei che fossi qui": quando per del tempo variabile non vedi una persona e senti che la sua presenza ti farebbe del bene. Non quando uno se ne va e dopo che non si fa sentire da parecchio, che quasi l'avevi rimosso, si sente solo. Fatti degli amici, una cultura in film, leggi libri, esci e vai a conoscere qualcun'altro. Non sono la badante, no. Fatti una vita.
"Ho voglia di vederti": tra le migliori. Si usa per quelle persone con cui hai voglia di stabilire un contatto stretto. Bene, esistono foto dappertutto sul web, sicuro ne hai anche in archivio, se vuoi vedermi. Altrimenti saresti qui, di fronte. Prenditelo qualche rischio ogni tanto, che non fa male.
"Ti voglio": è tra le espressioni più forti. Presuppone un legame intenso dietro. Si dice a quelle persone che hanno davvero segnato in qualche modo il trascorso personale. E da dove lo pronunci? Da dietro un apparecchio elettronico? No, non regge. 
Lo fanno tutti, perché forse per qualcuno è importante sentirselo dire. Sono belle parole, in fondo.
Ma tenete sempre presente il contesto, fondamentale.
Alla fine sono un paio di parole, che si infilano bene in qualunque discorso, cosa ci vuole? Arricchiscono l'enfasi, no?
Le ho sentite pronunciare così tante volte che ormai non mi fanno più effetto, se non le accompagni con le mani, con gli occhi, con le labbra. 
Senza la presenza non si pretende la mancanza. Mi spiace.

giovedì, febbraio 20, 2014

Puntini

Io odio i puntini di sospensione.
C'è sempre qualcosa che manca, che lasci nelle mani degli altri.
Non funziona, mai.
Se tu vuoi dire o fare una cosa i puntini non servono, non puoi lasciare tutto in mano all'eventualità che certe cose accadano.
Non serve girarci intorno, si creano solo aspettative inutili che alla fine creano lacerazioni minime, fratture nell'essere in fondo sé stessi. 
Io odio i puntini.
Tre attimi di respiro, a volte anche di più.
Non mi serve a niente aspettare di pensarci.
Ho bisogno di imperativi. Di presente.
Non mi serve un chissà quando.
I puntini li lascio a chi non vuole lasciarsi andare, a chi ha paura di affrontare, a chi ha poco da dire e lascia il testimone all'altro.
Odio i puntini.
Perché so ciò che voglio e non voglio più rimanere sospesa.

domenica, febbraio 16, 2014

Insostanziale

Solo perché le mie braccia hanno freddo;
La mia mente sgombra;
Le mie mani si sentono leggere;
Il mio pensiero vola libero;
Le mie gambe sono molli;
La mia direzione è nulla;
La mia schiena senza forma;
Il mio sguardo è perso;
La mia bocca è asciutta.
Solo perché il mio desiderio non so dove sia.
Insostanziale voglia che permane nella mente, un'assidua ricerca di ciò che mi mi fa sentire completa.
Non mi sembra un'impossibilità effimera  cercarti, chiunque tu sia, dovunque tu provenga.
Non so reggere il peso di questa leggerezza, troppo tempo che circola aria qui intorno, comincia a fare freddo a starsene soli.
Il vento che tira non trova ostacoli ed entra tutto dentro, ma non c'è più niente da spazzar via -finalmente-, ma non c'è nemmeno qualcosa che ostacoli il suo corso. Perciò rimbomba il grido e tremo.
Sono sola.
Sono pronta.

giovedì, febbraio 13, 2014

Impressioni.

Ero anch'io d'accordo nel gioco delle parti, seppure non mi piacessi granché. Ma il periodo non era dei migliori, una recente delusione mi faceva ancora pizzicare le mani, incerta se fosse perché mi ero lasciata scappare qualcosa o essermi tolta un peso. Perciò tu.
Con le stesse intenzioni, tra l'altro.
Nessuno dei due ne era inconsapevole, entrambi sapevamo perfettamente dove volevamo arrivare.
Una serie di serate giuste, di esatti momenti, di buona sintonia.
Il camino che scoppietta, la legna che arde, il vino che scende.
Ingredienti perfetti.
Non ho mai riso tanto con qualcuno sotto le lenzuola, avrei dovuto intuirlo già da lì. 
Lo ripetevamo in coro che non era normale durante quei momenti lì fare come facevamo noi, non poteva mica essere così divertente, dicevamo.
Poi dopo un po' di tempo te ne esci che ti dispiaceva -certo- ma da me volevi solo amicizia.
Va bene, figurati. Nessuno costringe nessuno a fare niente.
Tempo, mi chiedesti tempo per conoscermi meglio. 
Per farci cosa poi? Amicizia?
Bene, e sia.
Parli di me, mi cerchi, mi vuoi vedere ed anzi cerchi il contatto fisico. Fai in modo di poter restare solo con me. A parlare, ovviamente. 
Tre ore distesi con le dita che si sfiorano, intrecciano, accarezzano, a guardare un film davanti al camino.
In amicizia, ovvio.
Mi chiedi un massaggio, prendi l'olio, accendi la musica, ti lasci un po' andare. Le mie mani passano dal collo alle spalle, ridiscendendo lungo la schiena e poi su, sulla nuca. E lo sentono il fremito della pelle al passaggio, la sentono l'energia che si diffonde, l'effetto che quei movimenti hanno su di te.
Ah, già, l'amicizia.
Tu non provi nulla, anzi fisicamente non ti attraggo proprio. Almeno così dici tu.
Dovresti però dirlo anche alle tue braccia che mi cingono la vita da parte a parte e che stringono talmente forte da lasciare il segno sul maglione, che non provi niente.
Spiegalo, per favore ai tuoi occhi, quando incrociano i miei e restano fissi, languidi e al tuo sguardo quando mi si poggia addosso, che è amicizia.
Parlaci tu con il tuo corpo che non nasconde l'eccitazione nello starmi accanto e alla tua pelle che hai brividi se solo cerco di sfiorarla, e alle tue mani che cercano il contatto con me.
E già che ci sei, chiariscilo anche alle emozioni, che non so se possono far finta di niente tanto a lungo, 'che non ce la fanno mica a starsene nascoste più di tanto.
Perché è amicizia, solo amicizia.
Certo.