giovedì, febbraio 05, 2015

Treni e fermate

Di treni che passano ce ne sono a migliaia, inutile stare lì a filosofeggiare sul salire su quel fatidico treno che porta alla felicità.
Punto primo: se il treno in questione è un vero treno che si rispetti, fate con calma che di sicuro avrà almeno un venti minuti di ritardo.
E una campanella, che comincia a suonare da quando il treno è alla stazione precedente.
Sta' tranquillo che te ne accorgi quando sta per arrivare.
Poi, mai visto un treno che non torni indietro. Pure per rottamarsi, ma torna. A meno che non ha un incidente, si scassa, e allora Deo gratias.
Poi ci sono treni che pare si divertano a passarti davanti, più e più volte; o perché pieno o perché tu non vuoi proprio prenderli. Forse non ti va di seguire quel binario, cacchio ne so.
E se ad una persona, mettiamo il caso, piacesse stare in stazione? Vuoi per la compagnia, vuoi perché ci trova gusto nel vedere gli altri partire, per vederli poi tornare, perché tutti tornano? Io lo faccio spesso, vedere le partenze altrui; mi piace che ognuno possa scegliere da solo se rimanere. Solo che poi quando arriva il treno sono in pochi quelli che decidono di restare, come se libertà fosse sinonimo di fuga, come se andare aiutasse a salvarsi da se stessi.
Poi ci sono i pendolari, quei treni che arrivano sempre, una certezza se sai dove vuoi andare. Sono tanti e pieni di gente perché sono di quelli facili, che non ti preoccupi di perderli perché tanto ce ne sarà un altro di lì a poco. Sempre uguale, stesso tragitto. Sai dove ti porta, conosci a memoria tutte le stazioni, anzi le prevedi. Hai il tuo sedile preferito, la vista che prediligi. Sai già tutto.
E poi ci sono io.
Che i treni mi sono sempre piaciuti, talmente tanto che adoro vederli passare. Sempre con quei secondi di ritardo perché mi piace rincorrerli e salirci in corsa. Quell'attimo di incertezza, un momento prima di salire, che non sai mai se prenderlo o perderlo, quale delle due sia la cosa migliore.

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