mercoledì, ottobre 15, 2014

Consecutio temporum

Nel momento in cui ti accorgi che ti manca qualcosa, ti muovi per andarlo a cercare; raramente lo si trova,  capita più spesso che nel cercare si incorra in altro di totalmente inaspettato.
Ciò che pensavi non ti servisse,  diventa ad un certo punto necessità; tanto che ti fa credere in un certo qual modo che ti sia addirittura dovuto.
E nel momento in cui cominci a credere che ti spetti ormai di diritto,  ti fugge dalle mani.
Un uccellino caduto a terra che hai trovato per caso,  lo accudisci per un po' ma poi lo lasci andare,  una spinta con le mani e via; vola e torna a poggiarsi sulla spalla, o vola e va via.
Non ti ho tra le mani, che tu a terra non ci sei mai stato. Però mi sei diventato, non so come, necessità ed io ti ho persino preteso ad un certo punto. Ma non avevo nulla tra le mani,  solo sensazioni, sguardi, intuizioni. Che alla fine a credere di possedere quello, ti ritrovi a campare d'aria.
Di nuovo ad aprire i pugni e scoprire di non aver preso proprio nulla, i palmi vuoti. Eppure credevo di averti preso,  forse ti ho solo sfiorato allora -ecco cos'era quel tremolio sulla punta delle dita-.
Ma come la mettiamo coi tempi?
Non vedo futuro, analizzando la situazione; un presente nemmeno.
Passato?
Ok,  ma io non ti ci voglio mettere al passato. No.
Non riesco a pensarti come un ricordo,  come pretendi di essere al passato?
Eh no, non puoi.
Devi prima prenderti almeno un po' di presente prima di voler andare via.
Non si diventa passato se non si è stati, almeno un po', presente.

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