domenica, agosto 25, 2013

Tu come il sale.

In punta di piedi, ma con gli scarponi pesanti; 
sottovoce, cantando;
carezzandomi l'anima a pugni stretti.
Così mi sei entrato dentro, arrivando in punti dove nessuno mai era arrivato con tanta facilità. Fin troppo semplice per te, chissà quante hai saputo manipolare con lo stesso savoir faire.
Impensabile che in due volte soltanto tu abbia rivoluzionato tutte le mie regole, strappandomi via le mie personali costrizioni, un'auto in folle corsa che ha abbattuto tutti gli ostacoli che sono solita posizionare davanti a me. Li hai messi giù tutti, nessuno escluso.
Mi ritrovo, quindi, a cercarti, invento scuse solo per vederti, innesco conversazioni che non prendono mai fuoco, ti provoco con le armi che ho a disposizione.
Tu resti fermo, impassibile.
Niente di nuovo, niente che non conosca già. 
Tu resti lì, non mi vedi.
Io resto qui, non ti vedo.
E mi manchi, maledizione.
Com'è possibile?
Quando, esattamente, sei diventato necessità?
Dimmi, ti prego, cos'è che hai fatto qui dentro quando sei entrato? 
Hai messo in disordine le mie logiche ed ora non ricordo più dove sono le mie certezze, o meglio, non le trovo.
Pensavo di far entrare una ventata d'aria mentre invece era una tempesta. 
Mi ritrovo perciò fradicia, con l'animo sottosopra e poca, pochissima voglia di rimettere a posto le cose.
Seduta al centro del mio ego a cancellare quelle poche tracce che mi hai lasciato.
Non ti credevo così importante finché non sei sparito: come il sale che nessuno vede, ma che tutti si accorgono quando manca.


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